Carlo Verdone condivide riflessioni profonde riguardo al suo rapporto con la fede, intrecciando aneddoti del passato con aspettative per il futuro, in merito al Giubileo che si avvicina. Nonostante di primo acchito possa apparire come un uomo alquanto laico, rivela infatti un lato spirituale piuttosto radicato. «Ci conosciamo da tanto tempo, ma in realtà non sono così laico…», confessa lui, sorpreso di non essere considerato un frequentatore di chiese, sebbene ammetta di partecipare ad alcune Messe, seguendo l’esempio discreto dei genitori. Ricorda come il ruolo di chierichetto gli infondesse tranquillità, affascinato dai riti e dalla loro capacità di trasmettere serenità.

Il legame tra fede e anzianità, evidenziato dall’attore, mette in luce come l’avanzare dell’età possa incentivare riflessioni spirituali. L’incontro con la morte, o anche solo con le difficoltà di amici e parenti, può fungere da catalizzatore per una rinascita della fede. Ci si interroga sul significato della vita e sull’eventualità di un’esistenza ultraterrena, e quello che inizialmente può sembrare un dialogo sporadico con la divinità può evolversi in un percorso di preghiera e riflessione più strutturato.

Dall’esperienza passata, Verdone conserva il ricordo vivace del Giubileo del 2000, momento contraddistinto da una particolare conversazione con il padre sul concetto di confessione e sull’incapacità di individuare peccati reali da confessare. La memoria si arricchisce di aneddoti familiari, come la correzione severa ricevuta a seguito di una ribellione adolescenziale che contrastava con le sue inclinazioni religiose.

L’attore esprime poi la sua preoccupazione per il turismo massivo atteso per il Giubileo imminente, che minaccia di soffocare la città di Roma. Da una parte, vi è l’ottimismo su possibili miglioramenti infrastrutturali, ma dall’altra, si percepisce una città che sembra perdere il proprio fascino autentico. La trasformazione in corso è in parte responsabile di un’involuzione della vita di quartiere tradizionale, sostituita da un’offerta culinaria che prevale sulla cultura.

Nella società contemporanea, l’attore vede nella speranza un tema centrale ma complesso, come suggerito da autorevoli pensatori. Essa non dovrebbe diventare un’utopia irrealistica, ma piuttosto una scoperta o riscoperta di valori spirituali che paiono perduti. Pasolini, ad esempio, metteva in guardia contro l’idolatria consumistica che minaccia il cuore del Cristianesimo occidentale, un pensiero che Verdone condivide, riconoscendo il ruolo delle nuove religioni consumistiche.

Infine, l’attore riflette sull’immagine ambivalente di Roma, una città che oscilla tra la sacralità delle sue chiese ornate e la dannazione di una moralità trasgressiva. Preferisce le umili chiese romaniche, dove percepisce maggiormente la presenza divina, manifestando così una vena francescana che lo avvicina a una spiritualità semplice e genuina. Di fronte al pontificato di Papa Francesco, riconosce le sfide che il leader religioso affronta, inserite in un contesto globale di intensa trasformazione sociale e culturale.

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