Di recente è stato pubblicato in Italia il libro “E ho smesso di chiamarti papà”, scritto da Caroline Darian. L’autrice racconta la sua drammatica storia, legata alla condanna di suo padre, Dominique Pelicot, a 20 anni di reclusione. Pelicot è stato giudicato colpevole di aver drogato e violentato sua moglie Gisèle, consegnandola poi a più di ottanta uomini che l’hanno abusata nel piccolo paese di Mazan. Durante il processo, conclusosi dopo quattro mesi presso il tribunale di Vaucluse, sono stati condannati anche 51 uomini di età compresa tra i 27 e i 74 anni per stupro aggravato nei confronti di Gisèle Pelicot, fatti avvenuti tra il 2011 e il 2020.
Caroline Darian, estranea al processo, ha trovato nel computer del padre immagini di sé stessa in stato incosciente, distesa su un letto e probabilmente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, con indosso indumenti intimi che non riconosce. Queste prove non sono tuttavia sufficienti per ritenerla formalmente vittima nello stesso contesto giudiziario. In tribunale, rivolgendosi al padre, ha espresso il desiderio di verità per poter andare avanti: «So che hai abusato di me. Non hai il coraggio di dirmelo, ma io ho bisogno di conoscere la verità per andare avanti».
Il 2 novembre 2020 segna per Caroline la scoperta della doppia vita di suo padre, un evento che ha stravolto i ricordi e la visione di un passato fino ad allora innocente. Anche se Pelicot ha sempre respinto le accuse riguardanti la figlia, nonostante le prove fotografiche, Caroline si ritiene comunque vittima di un incubo familiare. Le difficoltà nel sentire confermata la propria verità in tribunale non riducono l’impatto emotivo delle continue negazioni da parte del padre. «Durante il processo – ha dichiarato Caroline – Dominique ha negato ogni cosa, ma io so che quelle foto non sono scattate mentre stavo dormendo. Questo è un incubo dal quale non riesco a svegliarmi».
Nonostante il dolore, Caroline ha deciso di affidarsi alla propria intuizione, sporgendo denuncia presso le autorità. La certezza interiore è ormai tutto ciò che le rimane, in attesa di una verità che dal punto di vista legale potrebbe non arrivare mai. Proprio questo sentimento, condiviso anche da molte altre donne nella sua stessa condizione in Francia, la spinge a parlare e a non cedere all’indifferenza del sistema giudiziario. Caroline non si aspetta più alcuna ammissione da parte di suo padre, che considera un manipolatore e bugiardo.
Infine, Caroline riconosce che il suo status di vittima potrebbe non avere mai un riconoscimento giuridico, a meno che il padre non decida di confessare. Fino ad allora, deve trovare la forza dentro di sé per continuare a vivere e sperare di ricomporre i pezzi di una vita spezzata.