Nel video pubblicato l’8 marzo, Checco Zalone affronta un tema complesso come il patriarcato con la sua consueta satira. In apparenza, si tratta di una critica leggera a uomini ancorati a stereotipi ormai superati: un maschio che, mentre si cimenta in attività domestiche come stirare o cucinare, causa autentici disastri, quasi a rimpiangere i “tempi d’oro” del patriarcato. Di contro, le donne nel video sembrano aver acquisito un ruolo predominante, decidendo cosa guardare in televisione o impegnandosi in attività fuori casa.

Un primo aspetto che lascia perplessi è l’accezione piuttosto riduttiva di cosa significhi “fare la donna” nel 2025: cucinare, stirare e prendersi cura della casa. Anche se lo scenario è quello di un paesino immaginario del sud, l’idea sembra un po’ antiquata e non particolarmente originale. Non a caso, le reazioni della rete oscillano tra applausi e critiche più severe.

Un ulteriore elemento di disturbo è rappresentato dallo stereotipo opposto: se le donne assumono ruoli tradizionalmente maschili, non diventano automaticamente pessime manager o lavoratrici. Nel video, però, le donne che assumono comportamenti “maschili” sono dipinte come semplicemente antipatiche. Quindi, la critica cade non sulle loro capacità ma sui comportamenti e sugli atteggiamenti, rendendo il tutto un po’ superficiale.

Sorprende anche che il messaggio sotteso possa apparire come una critica al femminismo, piuttosto che al maschilismo, suggerendo che un cambio di ruoli non conduca necessariamente all’emancipazione. Viene quasi da chiedersi: se le donne detenessero il potere, sarebbe comunque un disastro, come un rigido matriarcato?

L’8 marzo, peraltro, è una data che invita a riflettere sulle disparità di genere ancora irrisolte. Tuttavia, il tono del video sembra minimizzare queste riflessioni, apparendo quasi come una parodia più ampia del maschilismo, ma che lascia in sospeso la sensazione che il confronto tra generi sia poco approfondito.

Infine, nel video, il patriarcato sembra un’idea relegata al passato. Ma in una fase storica in cui la parità di genere è ancora combattuta e temi come il diritto all’aborto sono messi in discussione, come dimostrano azioni politiche a livello globale, considerare il patriarcato come superato sembra rischioso.

Wired osserva che i contenuti di Zalone possono essere interpretati come “rage baiting”, ossia provocazioni mirate a incrementare il coinvolgimento del pubblico. Potrebbe anche darsi. Tuttavia, quando la satira non riesce a centrare il punto e a mettere davvero alla berlina le dinamiche di potere, rischia di diventare più una concessione che una denuncia.

In sintesi, mentre Checco Zalone tenta di mettere in ridicolo l’uomo medio italiano, il risultato non convince del tutto. Allo spettatore rimane l’impressione di una critica divertente ma non del tutto penetrante.

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