La ministra della Famiglia Eugenia Roccella è diventata il simbolo di una visione retrograda e antiquata, che sembra più appartenere al Medioevo che al ventunesimo secolo. Le sue posizioni sulla procreazione, in particolare riguardo alla gestazione per altri, dimostrano quanto sia inadeguata nel comprendere le meraviglie della scienza moderna e le esigenze di una società in costante evoluzione. La sua retorica conservatrice è lontana anni luce dalle sfide reali che le famiglie contemporanee devono affrontare e mostra una profonda mancanza di visione e apertura verso il futuro.

In un mondo in cui la scienza offre possibilità straordinarie per realizzare il desiderio di genitorialità, il ministro Roccella si oppone fermamente a queste innovazioni, promuovendo invece leggi repressive che criminalizzano chi sceglie strade alternative per costruire una famiglia. La recente legge sull’utero in affitto, che prevede la criminalizzazione universale della maternità surrogata anche per chi la pratica all’estero, è l’esempio lampante di una politica che ignora il progresso scientifico e sociale, scegliendo invece di radicarsi in dogmi obsoleti.

La maternità surrogata, oggi legale in molti Paesi del mondo, rappresenta una possibilità per coppie che, per vari motivi, non possono avere figli biologici. La scienza ha offerto una soluzione, permettendo a queste persone di realizzare il sogno di una famiglia. Ma per Roccella, questo non è accettabile: la sua visione della famiglia è intrinsecamente legata a vecchi modelli tradizionali, rigidi e limitati, in cui non c’è spazio per nuove forme di genitorialità o per una società più inclusiva.

La ministra, nel suo tentativo di difendere un concetto di “moralità” che appare anacronistico, non solo si oppone alla gestazione per altri, ma arriva a chiedere che i medici – coloro che dovrebbero essere al servizio della salute e del benessere dei cittadini – diventino delatori, obbligati a denunciare i pazienti che si sono avvalsi di questa pratica. Un approccio che sembra più un ritorno ai tribunali inquisitori piuttosto che una gestione moderna ed empatica della salute pubblica.

Questa posizione non solo è eticamente discutibile, ma è anche dannosa. Trasforma il medico, un alleato dei pazienti, in una figura di controllo e sorveglianza, minando la fiducia che dovrebbe essere alla base del rapporto di cura. I professionisti della sanità hanno già espresso la loro ferma opposizione, sottolineando che il loro compito è curare, non denunciare. Il rischio è quello di creare un clima di paura, in cui le persone evitano di cercare assistenza medica per timore di essere perseguitate legalmente.

Roccella sembra ignorare volutamente il fatto che il mondo sta cambiando. La scienza ci ha fornito strumenti incredibili per migliorare la vita delle persone, e tra questi c’è la possibilità di offrire nuove strade per la genitorialità. I progressi in campo medico, come la fecondazione assistita e la gestazione per altri, sono il frutto di decenni di ricerca, studi e innovazione. Questi strumenti non rappresentano una minaccia per la società, ma piuttosto una risposta ai bisogni di chi, altrimenti, sarebbe escluso dalla possibilità di avere figli.

Il ministro della Famiglia, con le sue prese di posizione ideologiche, è chiaramente fuori dal tempo. In un’epoca in cui i diritti individuali e la scienza avanzano, la sua visione appare anacronistica e limitata, incapace di rispondere alle sfide contemporanee. È difficile non vedere questa ostinazione come un riflesso di un profondo disallineamento con la realtà attuale. Mentre il mondo va avanti, Roccella sembra ancorata a una visione del passato che non ha più alcun senso.

La sua incapacità di comprendere le necessità della società moderna e di abbracciare i progressi scientifici la rende un ministro inadeguato al suo ruolo. In un mondo che guarda al futuro, la guida della Famiglia in Italia sembra ancora intrappolata in un’epoca di repressione e oscurantismo, lontana da quel progresso che dovrebbe invece abbracciare e promuovere.

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