molti aspetti critici stanno emergendo attorno alla procedura di vendita dell’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, determinati dalle oltre dieci offerte vincolanti ricevute entro la scadenza del 10 gennaio. Tra queste, tre colossi internazionali, gli indiani di Jindal Steel International, gli azeri di Baku Steel Company e il fondo americano Bedrock Industries Management, hanno espresso un interesse per l’intero gruppo, comprendendo gli stabilimenti di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano. In particolare, Jindal Steel International dispone di una capacità produttiva notevole e un organico ampio, mentre Baku Steel Company cerca di trarre vantaggio dalle sinergie energetiche grazie alla vicinanza al gasdotto Tap. Bedrock punta a reinvestire in Italia i proventi della recente vendita di Stelco.

Il sistema dell’acciaio italiano si è concentrato invece su singole attività, con Marcegaglia che guida diverse alleanze per siti specifici, come evidenziato dalle proposte per gli stabilimenti in Francia, Salerno e Racconigi. Altri soggetti nazionali sono Eusider, Imc, Vitali e Car Segnaletica Stradale, che partecipa a una cordata più ampia.

Il governo italiano, dal canto suo, desidera non solo la vendita a gruppi solidi ma anche che venga avviato un processo di decarbonizzazione a Taranto, garantendo al contempo l’occupazione. Vi sono tuttavia questioni complesse relative alla sostenibilità delle offerte, sia in termini di valore economico (con aspettative iniziali di 1,5 miliardi ridimensionate), sia per gli impegni d’investimento futuri fino al 2030.

La risposta del governo è stata positiva, con il ministro delle Imprese sottolineando l’importanza della partecipazione internazionale per il rilancio della siderurgia italiana. Al contrario, i sindacati manifestano preoccupazione, soprattutto rispetto al rischio di frammentazione del gruppo industriale e all’impasse della produzione e delle condizioni occupazionali attuali. Per loro, l’urgenza è stabilire un dialogo puntuale con l’esecutivo e i commissari, affrontando efficacemente il problema dei lavoratori e della continuità produttiva.

In un periodo di estrema cautela, cruciali saranno i prossimi mesi per determinare il futuro dell’acciaio in Italia e gli equilibri industriali a fronte di una vendita che potrebbe prolungarsi, se non risolversi, entro il 2025.

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