Gabriele Mainetti ha definito il suo stato d’animo come “agitato” in prossimità della distribuzione de “La città proibita”, il suo nuovo film particolarmente atteso. Questo lungometraggio, realizzato in collaborazione con PiperFilm, Wildside e Goon Films, raggiungerà le sale cinematografiche dieci anni dopo “Lo chiamavano Jeeg Robot” e quattro anni dopo “Freaks Out”. La nuova produzione promette di alzare ulteriormente l’asticella, non solo per la complessità narrativa che intreccia arti marziali, romanticismo, vendetta, specialità culinarie italiane e musiche di Mina, ma anche per la scelta audace di affidare i ruoli principali a due attori non ben conosciuti: Yaxi Liu, stuntwoman cinese, e Enrico Borello, al suo debutto in ruoli principali.

Mainetti ha descritto “La città proibita” come un film di grande impegno produttivo e ha sottolineato l’importanza di ottenere un feedback positivo. Il regista è appassionato del suo lavoro e del cinema in generale, interesse che ha coltivato studiando e recitando in diverse produzioni televisive e cinematografiche. Crede nell’importanza di rivolgersi a un vasto pubblico con le sue opere, pur rimanendo aperto a sperimentazioni future più audaci.

Da un punto di vista critico, Mainetti riconosce che “Lo chiamavano Jeeg Robot” ha riscosso consensi unanimi, mentre “Freaks Out” ha incontrato giudizi più severi e, talvolta, non del tutto giustificati. Egli sottolinea come i giornalisti, essendo anch’essi spettatori, esprimano con sempre maggiore soggettività le proprie opinioni, influenzando così il giudizio critico moderno.

La capacità di sfuggire a categorizzazioni univoche è uno dei tratti distintivi del cinema di Mainetti. Il regista ritiene fondamentale mantenere un approccio diversificato e caleidoscopico nelle sue narrazioni, comparando questo principio all’equilibrio musicale che caratterizza i lavori di compositori come Stravinskij. Secondo Mainetti, la vera sfida risiede nel creare un’opera coerente che, nonostante le molteplici sfumature, mantenga un equilibrio armonico.

“Sfuggire alle categorie” per Mainetti significa dunque realizzare film con voce autentica, senza preoccuparsi dell’etichetta che verrà eventualmente assegnata dalla critica. In “La città proibita”, il regista ha accettato la sfida di mettere al centro della scena due attori sconosciuti, con PiperFilm che ha sostenuto questa scelta audace. In un panorama in cui si teme di presentare al pubblico poster senza volti noti, Mainetti ha deciso di scommettere sull’originalità e sulla capacità di affascinare attraverso la narrazione stessa.

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