Per lungo tempo si è pensato che una minoranza della popolazione, compresa tra il 5% e il 10%, fosse portatrice di sindromi ereditarie. Questi disordini genetici sono associati a un rischio più elevato di sviluppare determinati tipi di tumore rispetto alla media. Tuttavia, le recenti scoperte nel campo della genetica suggeriscono che questa percentuale potrebbe essere più alta rispetto a quanto precedentemente stimato.

Contrariamente a quanto si possa pensare, la maggior parte delle persone con un parente stretto, come un genitore, un fratello o una sorella, e in certi casi anche nonni o zii, che abbia sviluppato un tumore, non presenta un rischio significativamente più elevato di ammalarsi rispetto al resto della popolazione generale. Quando una mutazione genetica si trasmette attraverso le generazioni, essa potrebbe risiedere anche in altri membri della famiglia. Questi individui possono essere individuati in anticipo come persone a rischio oncologico elevato o moderato e inclusi in programmi di prevenzione appositamente studiati.

È comunque fondamentale ricordare che la genetica rappresenta solo uno dei diversi fattori che possono favorire lo sviluppo di malattie oncologiche. Altri elementi, come stili di vita, fattori ambientali e particolari condizioni scatenanti, svolgono un ruolo cruciale. Lo ribadisce Antonio Russo, direttore dell’Oncologia del Policlinico di Palermo, evidenziando come l’identificazione dei determinanti genetici sia essenziale per la prevenzione e per pianificare strategie efficaci di riduzione del rischio. Inoltre, i portatori di mutazioni genetiche non sono necessariamente destinati a sviluppare un tumore; presentano un rischio più alto che ciò possa accadere.

Da un’analisi più ampia risulta che solo una parte limitata dei casi di tumore può essere ricondotta a ereditarietà. In Italia, i dati più recenti parlano di circa 407mila nuove diagnosi di tumore ogni anno, di cui circa il 5-10% ha una trasmissione ereditaria. Ad esempio, su 56mila nuovi casi di tumore al seno, 50.500 di colon-retto e 5.200 di ovaio, rispettivamente circa 5.500, 1.800 e 1.000 sarebbero classificabili come di origine ereditaria.

I test genetici, che aiutano a identificare mutazioni cancerogene, vengono forniti gratuitamente in strutture specializzate, seguendo determinati protocolli e sono riservati a chi risponda a specifici requisiti, noti come “criteri per l’invio alla consulenza genetica”. Questi criteri tengono conto di vari fattori, tra cui il numero di parenti affetti, l’età della diagnosi, il tipo di tumore e l’incidenza di tumori multipli nella stessa persona.

Il Servizio Sanitario Nazionale offre accesso alla consulenza genetica quando sussistono condizioni ben definite, i cui criteri sono costantemente aggiornati alla luce delle nuove evidenze scientifiche. Gli esempi includono tumori della mammella e dell’ovaio legati ai geni BRCA1 e BRCA2, tumore del colon-retto connesso ai geni MLH1, MSH2, e MSH6, così come altre forme tumorali come il melanoma e il tumore gastrico diffuso associati rispettivamente ai geni CDKN2A e CDKN1A.

Queste consulenze genetiche mirano non solo a identificare il rischio ereditario, ma anche a offrire interventi preventivi mirati per ridurre l’incidenza dei tumori nella popolazione portatrice di mutazioni genetiche. I progressi in questo settore sono essenziali affinché si possano pianificare approcci sempre più personalizzati e tempestivi nella gestione del rischio oncologico.

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