Il 19 dicembre era destinato a essere l’ultimo giorno di lavoro in Iran per Cecilia Sala, pronta a rientrare in Italia con un volo già pianificato. Tuttavia, durante l’ora di pranzo, è stata prelevata dall’hotel dove soggiornava a Teheran e condotta nel carcere di Evin, noto per ospitare dissidenti e stranieri sospettati di collaborare con l’opposizione al regime. In questo stesso penitenziario, due anni fa, la blogger romana Alessia Piperno era stata detenuta per 45 giorni prima di essere liberata. Nonostante siano trascorsi dieci giorni dall’arresto di Sala, le autorità non hanno ancora fornito una motivazione precisa, accennando solo a “comportamenti illegali” non specificati.
Un ulteriore sviluppo è rappresentato dalla coincidenza con il fermo di un cittadino svizzero-iraniano in Italia, Mohammed Abedini-Najafabadi, avvenuto all’aeroporto di Malpensa il 16 dicembre. Gli Stati Uniti ne richiedono l’estradizione con l’accusa di coinvolgimento in un’organizzazione terroristica estera e violazione dell’International Emergency Economic Power Act. L’arresto dell’iraniano in Italia, riconosciuto con clamore dagli Stati Uniti, potrebbe avere qualche connessione con la situazione di Cecilia Sala, coinvolta potenzialmente in un complesso intrigo internazionale.
Durante il suo soggiorno in Iran dal 12 dicembre, Sala aveva ottenuto un regolare visto di ingresso e stava realizzando alcune interviste per il podcast “Stories”. Tra gli intervistati vi era anche Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie, ma nessuno degli incontri aveva un carattere segreto o apertamente ostile al regime iraniano. In seguito al suo arresto, Sala ha potuto contattare telefonicamente la madre e il fidanzato, Daniele Raineri, rassicurandoli sul proprio stato fisico ma sollecitando un rapido intervento delle autorità italiane per la sua liberazione.
Nel frattempo, la diplomatica italiana a Teheran, Paola Amadei, rientrata dall’Italia, ha potuto incontrare Sala nel carcere di Evin. Nonostante fosse in buone condizioni fisiche, la giornalista appariva mentalmente provata. La diplomatica ha confermato l’assenza di accuse formali al momento, sebbene potrebbero essere presentate in qualsiasi momento. Continuano anche gli sforzi diplomatici e i lavori dei servizi segreti italiani all’estero, che in passato hanno già facilitato la liberazione di altri cittadini italiani detenuti ingiustamente in Iran.
L’arresto di Abedini in Italia ha condotto a proteste formali da parte del governo iraniano, e all’apertura del processo di estradizione dalla corte d’appello di Milano. Il materiale elettronico trovato in possesso di Abedini, considerato compatibile con le accuse, ha rafforzato il pericolo di fuga e giustificato la sua reclusione, in attesa che le autorità statunitensi formalizzino la richiesta di estradizione.
Resta da vedere se e quanto i due casi siano collegati; un eventuale collegamento potrebbe influenzare i tentativi diplomatici in corso per la liberazione di Sala. Continuano, sia su canali ufficiali che segreti, le trattative per una risoluzione rapida della sua detenzione in Iran.