L’inchiesta sulla rete di spionaggio messa in piedi dalla società investigativa Equalize ha portato alla luce una vicenda inquietante che vede protagonista Jessica Serfaty, modella e influencer, oggetto di un’operazione di sorveglianza informatica voluta da Leonardo Maria Del Vecchio. La vicenda, rivelata grazie a un’operazione dei carabinieri nella sede milanese della Equalize, getta un’ombra su un fenomeno di controllo illecito della vita privata e della manipolazione tecnologica.
Jessica Serfaty, a quanto risulta, era l’oggetto di un’intensa attività di monitoraggio da parte di Equalize, commissionata dallo stesso Del Vecchio, figlio del celebre fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio. Nella sede della Equalize, le telecamere nascoste installate dagli inquirenti hanno registrato un incontro chiave tra due uomini inviati da Del Vecchio, Marco Talarico e Mario Cella, e il team di tecnici e hacker della società. L’incontro del 23 maggio 2023 ha rivelato il tentativo di monitorare le attività di Serfaty, compreso un possibile intervento diretto sul suo telefono.
Gli emissari di Del Vecchio sono stati intercettati mentre discutevano di un piano dettagliato per accedere al telefono della modella, installando un cosiddetto “trojan” sul dispositivo. Il metodo suggerito era semplice quanto invadente: durante una festa organizzata su uno yacht noleggiato da Del Vecchio, si sarebbe cercato di impossessarsi del telefono di Jessica. La modella, secondo quanto riferito dagli emissari, avrebbe avuto probabilmente il telefono con sé e, nel contesto informale della festa, sarebbe stato facile lasciarlo momentaneamente incustodito. Samuele Calamucci, uno degli esperti informatici coinvolti, ha offerto un piano chiaro: l’inserimento di un software che avrebbe consentito di seguire in tempo reale tutte le comunicazioni di Serfaty, dalle chat ai messaggi fino agli spostamenti fisici.
L’idea di spiare una persona tramite l’installazione di software intrusivi solleva questioni legali e morali preoccupanti, oltre a evidenziare una vulnerabilità della privacy digitale anche per figure pubbliche come Serfaty. Il trojan non è un semplice dispositivo di controllo: si tratta di un programma in grado di “infettare” un dispositivo per fornire a terzi un accesso illimitato, permettendo di seguire non solo i movimenti della persona, ma anche di ascoltare e leggere comunicazioni riservate.
L’aspetto più inquietante di questa vicenda risiede nella normalità con cui tali pratiche sono state discusse tra le persone coinvolte, come se fossero parte di un’operazione di routine. Dall’indagine emerge chiaramente la disponibilità della Equalize a operare oltre i limiti del lecito, dimostrando un mercato sotterraneo che offre ai facoltosi mezzi di sorveglianza propri delle forze dell’ordine, ma senza alcun controllo istituzionale.
Per Jessica Serfaty, la scoperta dell’essere oggetto di una simile attività di sorveglianza privata segna un punto critico nella sua vita. La modella, inizialmente ignara, si ritrova ora coinvolta in un caso giudiziario che getta ombre inquietanti sul funzionamento del sistema di sorveglianza privata utilizzato da figure di spicco della società. Il fatto che un trojan sia stato considerato per monitorarla espone un problema di sicurezza che va oltre il singolo caso: dimostra la vulnerabilità dei dispositivi personali anche in contesti apparentemente lontani dal mondo dell’intelligence.
Dal punto di vista legale, l’inchiesta rappresenta una sfida complessa per gli inquirenti: pur essendo Jessica una persona pubblica, non esistono giustificazioni che possano permettere intrusioni di tale portata nella sua vita privata. Equalize, società investigativa con sede a Milano, viene così messa sotto accusa non solo per l’episodio specifico legato a Serfaty, ma anche per la natura stessa delle sue pratiche di sorveglianza.
L’idea di utilizzare un software di controllo su un telefono altrui, se confermata in tribunale, pone nuovi interrogativi su quanto la tecnologia possa essere utilizzata per violare la privacy di chiunque, senza un vero limite. La vicenda evidenzia come i confini della sicurezza personale possano essere facilmente superati quando risorse finanziarie e accesso a strumenti avanzati si combinano, lasciando le persone vulnerabili.
La storia di Jessica Serfaty getta una luce spietata su un mondo in cui la tecnologia può essere un’arma a doppio taglio, utilizzata per scopi privati da chiunque abbia i mezzi per farlo. La giustizia ora dovrà determinare fino a che punto questi abusi possono essere puniti e quale sia il prezzo della sicurezza personale nell’era digitale.
Sto leggendo questa cosa e mi vengono i brividi. Mi chiedo quante altre persone vengano spiate in questo modo senza che nessuno lo sappia. È intollerabile e spero che chi ha organizzato tutto paghi caro per questo abuso.
Ma dai, sarà tutta una montatura per avere pubblicità. Figuriamoci se queste cose accadono davvero. Sempre co ste storie da film!
Questo è davvero un abuso totale della privacy! Come possono pensare di farla franca con una cosa del genere? È molto inquietante sapere che esistono mezzi del genere per spiare qualcuno senza che lo sappia.
Questo caso mette in risalto problematiche relative alla sicureza digitale e la vulnerabilità delle informazioni personali.. È cruciale rivederre le normative per prooteggere la privacy ddegli inndividui.
Ma che ciumbia, ma davvero in sto mondo ci sta gente che crede di poter ficcare il naso nella vita degli altri senza problemi? Ma sono fuori di melone!
Questa situazione è spaventosa! Come possono certi individui credere che sia giusto violare la privacy di una persona in questo modo? Speriamo che la giustizia faccia il suo corso.