Su Beniamino Zuncheddu, il sorriso timido e gli occhi curiosi sono le prime caratteristiche ad emergere. Ed è difficile credere che questo uomo di 60 anni sia stato protagonista, suo malgrado, di uno dei più gravi errori giudiziari italiani: ha infatti trascorso quasi 33 anni in carcere da innocente. Detenuto dai 26 anni per una strage di Sinnai, il cui processo di revisione ha visto un significativo avanzamento con l’assoluzione giunta il 26 gennaio scorso. Da quel giorno, ha ripreso dieci chili, si è liberato di problemi alla vista grazie ad un intervento di cataratta, e ha risolto questioni dentali che lo avevano lasciato con un solo dente. Il risarcimento servirà innanzitutto a ricompensare il suo avvocato e poi spera di realizzare il sogno di avviare un caseificio.
In questo nuovo capitolo della sua vita, Zuncheddu si ritrova nella sua casa di famiglia a Burcei, circondato dagli affetti più cari come sua sorella Augusta, che mai ha smesso di lottare per la sua innocenza. Augusta, due anni più grande, ha sempre dubitato della sentenza che nel 1986 condannò il fratello per tre omicidi e per tentato omicidio. Una decisione presa in meno di due anni attraverso l’intero iter giudiziario, dalla Corte di primo grado alla Cassazione.
Ora, libero, Zuncheddu si descrive come un “pensionato senza pensione”. Nonostante il tempo trascorso, mantiene i legami con il suo passato precedente alla detenzione, assistendo il fratello Damiano con le pecore. Eppure avverte come il tempo perso pesi sulla sua capacità di relazionarsi: i suoi vecchi amici ora hanno una famiglia e una vita da raccontare, che lui ascolta con piacere. Il piacere più grande, tuttavia, è uno dei più semplici: la libertà di aprire e chiudere una porta secondo la propria volontà.
Riconoscente verso le numerose testimonianze di solidarietà che ha ricevuto dal suo paese e da sconosciuti, Zuncheddu non ha ricevuto alcun cenno dalle persone coinvolte nell’ingiustizia subita. Tuttavia, ha vissuto l’emozione di incontrare per la seconda volta Papa Francesco, in visita con la sua famiglia e il suo avvocato Mauro Trogu.
Riguardo ai piani per il futuro, oltre al pagamento dei debiti e dell’avvocato, Zuncheddu sogna una nuova impresa: un caseificio, non tanto per guadagno personale, quanto per creare opportunità lavorative per i giovani del luogo.
Zuncheddu è stato assolto in base all’articolo 530, comma 2, del Codice di procedura penale italiano, che si riferisce alla mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova. Tale assenza di una piena riabilitazione giudiziaria lascia un senso di incompletezza. Nonostante tutto, la fede è stata un sostegno costante durante le difficoltà, e Zuncheddu appare oggi determinato a ricostruire il proprio cammino, ben consapevole delle sfide che la vita gli ha posto e delle future possibilità.