Negli ultimi giorni, migliaia di utenti su Instagram hanno condiviso un testo nella speranza di proteggersi dall’invasione dell’intelligenza artificiale (IA). Questo messaggio, che inizia con un categorico “Goodbye Meta AI”, dichiara il rifiuto di consentire a Meta o ad altre entità l’uso di dati personali, foto o informazioni del profilo. Anche celebrità come Tom Brady hanno aderito alla diffusione del messaggio. Tuttavia, questa condivisione non ha alcun impatto legale sulla gestione dei dati da parte di Meta o di altre piattaforme digitali.

In realtà, sebbene negli Stati Uniti non esista una legge che garantisca la protezione dei post pubblici dall’uso da parte dell’IA, ci sono soluzioni per limitare l’accesso ai propri contenuti, come impostare l’account Instagram su privato. Per gli utenti del Regno Unito e dell’Unione Europea, è possibile esercitare un “diritto di opposizione” contro l’IA attraverso le impostazioni di Meta. Altri social media, come X (precedentemente Twitter) e LinkedIn, offrono opzioni per escludere l’uso dei dati da parte dei modelli di IA, ma queste funzionalità sono spesso sepolte nelle impostazioni di privacy.

Nonostante queste opzioni, le piattaforme digitali sembrano voler spingere sempre di più gli utenti verso l’uso di strumenti IA. Google, ad esempio, ora posiziona risposte generate dall’IA prima dei risultati dei siti web, e strumenti generativi vengono costantemente proposti su Facebook, Instagram e altre piattaforme.

Questa invasione di contenuti generati dall’IA ha portato a un nuovo fenomeno, soprannominato “slop economy” (economia del pattume), dove post e immagini creati da IA riempiono i feed degli utenti, spesso senza che se ne accorgano. Facebook e TikTok richiedono teoricamente di segnalare i contenuti generati dall’IA, ma questi controlli risultano inadeguati e molti utenti si trovano inconsapevolmente a interagire con contenuti non autentici.

La sfida, quindi, non riguarda solo la protezione dei propri dati, ma anche la capacità di distinguere tra contenuti autentici e quelli artificiali, in un contesto sempre più dominato dall’intelligenza artificiale.

10 pensiero su “La battaglia contro l’IA: I social e la preoccupazione per la privacy”
  1. Oh, Madonna! m’hanno riempito er feed de robe che nun so manco vere! Mo te credo che uno nun ce capisce più nulla.

  2. Economia del pattume? Un altro termine figo che si inventano per parlar male del progresso. Magari invece vediamo anche nuove opportunità, no?

  3. Non so se fidarmi di tutto questo, certi messaggi sembrano così radicali. Alla fine, chi ci garantisce la nostra privacy, davvero?

  4. Ma perché tutti sti allarmismi? È na moda condividere ste cose, ma tanto non cambia nulla… Solo un modo per attirare attenzione secondo me.

  5. Ma sta storia de l’IA che fa tutto, se la sono inventata loro per non farci vedere i veri contenuti. Basterebbe un po più de trasparenza, no? Ma chi te lo dice che quello che stai leggendo è vero o falso? 🤔

  6. Ah questi giovani, sempre a rincorrere le mode. Ma quando ero giovane io, mica avevamo queste cose. Comunque, capisco che vogliono proteggersi, ma devono anche capire che ci sono altre strade.

  7. Ma non lo capiscono che l’intelligenza artificiale è ormai ovunque? Pensare che si possa fermare condividendo un post mi sembra un po ingenuo. Meglio informarsi e imparare a gestire i propri dati.

  8. Eccole qua le solite bufale, tanto condividere un post non basta per cambiare le regole! Chiaro che dobbiamo essere più consapevoli e usare le impostazioni di privacy già esistenti. Ma chi ha voglia di spulciarsi tutte quelle opzioni? 😅

  9. Ma che dite, veramente pensate che un post su Instagram possa fermare lIA? Dai, è solo una catena senza senso.

  10. Ma pensa te, la gente condivide qualsiasi cosa senza nemmeno capire se funziona o no. Non basta scrivere Goodbye Meta AI per proteggere i dati! Magari fosse così semplice.

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