In un panorama lavorativo ancora permeato da stereotipi legati al genere, la figura del padre lavoratore emerge con caratteristiche inaspettatamente fragili. I risultati dello studio sulla paternità condotto da Me First, in collaborazione con LabCom, una volta spin-off dell’Università di Firenze, lo testimoniano in maniera chiara. Intitolata “Come stanno i working dad in Italia?”, la ricerca offre una risposta che trova espressione nei numeri: il 66% dei padri lavoratori intervistati riporta significativi livelli di esaurimento emotivo e burnout, mentre oltre il 75% sente di non raggiungere una soddisfacente realizzazione professionale. Più di questo, il 65,5% dei partecipanti ammette di percepire una sorta di “paternal wall”, cioè una barriera di pregiudizi legata al loro ruolo di genitori sul posto di lavoro. Profondamente colpiti da queste statistiche, emerge che oltre il 74% dei padri impegnati nello studio soffre di alti livelli di stress parentale.

Questo scenario non riguarda solo l’Italia. Uno sguardo agli Stati Uniti, attraverso il report “Parents under pressure” diffuso dal Surgeon General’s Advisory, rafforza l’allarme: lo stress genitoriale diventa una questione di salute pubblica, con solo l’11% dei padri completamente soddisfatti del proprio ruolo.

In questo contesto, crollare gli stereotipi appare fondamentale. La ricerca, come sottolinea Cristina Di Loreto, fondatrice di Me First e coautrice dello studio, si pone l’obiettivo di smantellare miti e stereotipi. Sorprendente risulta il forte senso di colpa che affligge i padri (presente nell’85% dei casi) e l’elevato burnout, con oltre 6 padri su 10 che riportano un esaurimento emotivo significativo. È preoccupante rilevare come i papà lavoratori spesso non riescano a dedicarsi ad hobby e passioni personali (86,6% dei casi).

Tra le necessità più pressanti, emergono tre questioni cruciali: il tempo, gli strumenti di supporto e il riconoscimento. Di Loreto evidenzia il bisogno di ampliare i giorni di congedo di paternità, migliorare le normative esistenti, implementare lo smartworking e, in generale, aumentare la flessibilità. Suggerisce anche l’importanza di programmi di empowerment psicologico rivolti ai padri e l’urgenza di promuovere una cultura aziendale inclusiva sia nel linguaggio che nella mentalità.

Non sorprende che l’81,7% dei padri desideri un maggiore sostegno aziendale per il loro ruolo genitoriale, anche se solo il 31,1% ne ha beneficiato o potrebbe beneficiarne. Questo divario mette in luce una necessità urgente di rivedere le politiche aziendali per accogliere le esigenze dei padri lavoratori e promuovere un ambiente inclusivo.

Di Loreto propone diverse iniziative per stimolare inclusività, a partire dalla formazione per manager e figure di leadership. La formazione deve coinvolgere chi quotidianamente interagisce con i padri lavoratori, prendendo decisioni in nome dell’azienda. Infine, è fondamentale attivare sistemi di monitoraggio per identificare quando i limiti vengono superati e incorporare questi aspetti in un codice etico aziendale, analizzando costantemente il benessere dei dipendenti.

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