L’economia dei lavori a chiamata, nota come “gig economy” o “Uber economy”, ha visto un’espansione nell’ambito dei settori commerciali attraverso l’utilizzo di app dedicate. Questi strumenti permettono alle catene commerciali di pubblicare gli orari dei turni che necessitano di copertura, permettendo ai potenziali “commessi a tempo” di proporsi per tali posizioni.
Questa modalità di lavoro, che già caratterizza settori come quello delle consegne a domicilio, si sta ora diffondendo anche tra i commessi dei negozi. Un esempio emblematico è quello della catena Emma Sleep a Westfield, Londra, dove il personale è selezionato tramite la app Young Ones, originaria dei Paesi Bassi e presente anche nel Regno Unito e in Francia. Altre applicazioni simili, come Temper, collaborano con diverse catene e offrono una piattaforma per la gestione di questi nuovi tipi di contratti.
Le app offrono alle aziende la possibilità di indicare gli orari disponibili, assieme alle tariffe, solitamente superiori al salario minimo nazionale. Una volta completato il turno, sia il datore di lavoro che l’impiegato possono fornire una valutazione reciproca.
I sostenitori di questo modello evidenziano i vantaggi in termini di flessibilità, rapidità e opportunità di acquisire esperienza in contesti lavorativi diversi. Tuttavia, non mancano le critiche sul potenziale sfruttamento dei lavoratori. Infatti, mentre durante periodi con alta domanda lavorativa l’app potrebbe sembrare vantaggiosa, in periodi di crisi la competizione per i turni potrebbe trasformarsi in una vulnerabilità per i lavoratori, resi invisibili da un rapporto di lavoro senza assunzione formale.
Le piattaforme difendono la bontà del sistema, sottolineando che le recensioni aiutano a costruire una reputazione lavorativa. Tuttavia, questioni legali e di equità nei diritti dei lavoratori rimangono aperte. Specialmente nel Regno Unito, dove recenti movimenti politici stanno cercando di migliorare i diritti dei lavoratori a basso salario, questi nuovi ruoli potrebbero sfuggire al controllo e regolamentazione tradizionale.
A livello europeo, la nuova direttiva Ue sui diritti dei lavoratori digitali sancisce l’importanza della supervisione umana. Tuttavia, recenti proposte legislative che miravano a proteggere ulteriormente i lavoratori, come quella che tutelava i rider da condizioni climatiche estreme, non sono state approvate, esponendo ulteriori problematiche legate alle nuove forme di lavoro a chiamata.
La questione resta complessa: da un lato, si potrebbe enfatizzare la libertà e flessibilità offerte da queste nuove dinamiche lavorative; dall’altro, emerge l’urgenza di non sottrarre queste forme di lavoro alla regolamentazione e al riconoscimento di diritti equi e tutelati.
L’evoluzione e la regolamentazione di queste nuove forme di impiego rappresentano una sfida contemporanea che richiede un bilanciamento tra l’accettazione delle novità del mercato del lavoro e la protezione dei diritti fondamentali dei lavoratori.