Cecilia Sala, giornalista italiana, potrebbe non trovare il sostegno della sinistra più progressista, come invece è accaduto nei passati casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki. Questi casi hanno visto un’ampia mobilitazione delle “anime belle” della sinistra, pronte a scendere in piazza e fare pressione. Analogamente, va notata la reazione a situazioni come quella che circonda Ilaria Salis, nonostante sospetti di occupazioni abusive e presunta appartenenza a gruppi politici che approvano la violenza.
La questione iraniana, tuttavia, non ha suscitato grandi proteste tra gli esponenti della sinistra radicale, in particolar modo tra quelli dell’Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), e tanto meno tra i rappresentanti del Partito Democratico (PD), spesso associati alla “sinistra dei ricchi”. La ragione di questo apparente disinteresse può essere attribuita alla percezione dell’Iran come un paese quasi amico, principalmente a causa della sua opposizione a Israele.
Per certi ambienti di sinistra, l’attenzione è focalizzata esclusivamente sui presunti crimini israeliani, mentre si tende a minimizzare o ignorare delitti commessi da altri stati o gruppi, come l’Iran o Hamas, il gruppo dominante nella Striscia di Gaza. Questo sostegno unilaterale non tiene conto delle migliaia di vittime israeliane provocate da Hamas, né delle gravi violenze e oppressioni subite dalle donne iraniane. Viene spesso messo da parte anche il fatto che Hamas mantenga in ostaggio numerose persone.
In sintesi, la questione iraniana e la situazione di Cecilia Sala potrebbero non scuotere le coscienze di una parte della sinistra, per cui l’Iran è considerato solo come “un compagno che sbaglia”. Neppure l’intervento della Chiesa, con il suo pontificato impegnato su altri fronti, sembra poter modificare questo stato di cose. L’odio verso Israele offusca altre cause, lasciando l’Iran in una sorta di limbo morale agli occhi di alcuni settori della sinistra radicale e istituzionale.