A fare da regista nell’ombra dell’amministrazione Trump, senza attirare troppo l’attenzione mediatica che spesso assorbe Elon Musk, è Marc Andreessen. Noto per la sua influenza nella tecnologia, Andreessen ha 53 anni ed è passato alla storia per essere finito sulla copertina del Time a soli 24 anni. Non indossava scarpe, seduto su un trono dorato, e veniva elogiato da Eric Schmidt come il successore di Bill Gates per aver creato Netscape, il browser che ha segnato l’era primitiva di internet.

In tandem con Ben Horowitz, Marc Andreessen si è affermato come uno dei principali angel investor nella Silicon Valley. La sua influenza è così vasta che risulta più semplice elencare le aziende in cui non ha avuto un ruolo rispetto a quelle in cui ha investito. Ha messo le mani su realtà come Facebook, Twitter, OpenAI, eBay, PayPal, LinkedIn, Airbnb, tra gli altri. La sua abilità era riconoscere il potenziale di questi colossi prima che fossero tali, raccogliendo in cambio cospicui profitti.

Mentre Elon Musk dedicava il suo tempo a creare innovazioni, Andreessen si concentrava su quali invenzioni portare sul mercato, dettando condizioni e obiettivi, e determinando la propria fetta di guadagni. Non è una sorpresa, quindi, che perfino Donald Trump – un leader che ha cercato di riavvicinare la tecnologia americana avverso la crescente concorrenza cinese – si sia rivolto a Andreessen.

Lo scorso anno, Andreessen e Trump hanno cenato nel golf club presidenziale del New Jersey, discutendo di interessi comuni. Trump cercava di spingere le aziende statunitensi a primeggiare sulla Cina, mentre Andreessen temeva le regolamentazioni di Biden, specie nel settore delle criptovalute. Queste affinità li hanno portati a cooperare strettamente: a ottobre, Andreessen ha donato 2,5 milioni di dollari alla campagna di Trump, come suo partner Horowitz, invertendo anni di sostegno verso i democratici.

In passato, Andreessen aveva sostenuto Hillary Clinton nel 2016, liquidando con sarcasmo chi gli chiedeva il motivo del suo supporto. Ma il cambiamento politico si è manifestato soprattutto dopo le elezioni di novembre, quando ha iniziato a collaborare come “volontario non pagato” per Doge, l’agenzia dedicata a rendere efficiente lo Stato presieduta da Musk. Parte integrante della cerchia dei tecno-oligarchi di Trump, criticata anche da Biden nel suo discorso di addio, Andreessen è un esperto nell’individuare e sviluppare i talenti emergenti del panorama tecnologico.

Nonostante un inizio di carriera schierato con i democratici, la recente conversione di Andreessen ai repubblicani non è poi così inattesa. Ha percepito già nel 2012 che uno spostamento era in atto. Durante il secondo mandato di Obama, con i giganti tecnologici al fianco della presidenza e il clima di tecnoentusiasmo crescente, Andreessen osservò un cambiamento culturale. I giovani formati nelle università di élite, dal 2008 al 2012, abbracciavano un radicalismo politico che ne trasformava il pensiero, spingendoli a criticare il capitalismo.

Questo scossone culturale, attribuito alla crisi finanziaria del 2008, fu avvertito da figure come Andreessen prima dell’emergere politico di Trump. Partecipe della vivace scena imprenditoriale nella Silicon Valley, Andreessen si è distinto per le sue frequenti presenze in feste di lavoro e ha ammesso che considera la giornata perfetta quella scandita da caffeina e alcol, abitudini cambiate dopo aver ascoltato le conseguenze dell’alcol su un podcast scientifico. Nonostante la rabbia per l’assenza di soluzioni alternative all’alcol, continua a rimanere critico. Andreessen ha persino scherzato chiedendo perché Elon Musk, con tutte le sue innovazioni, non abbia ancora trovato una soluzione.

Di

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *