Monica Gori rappresenta un esempio di come un pensiero innovativo e una prospettiva diversa possano fare la differenza, anche nel mondo della scienza. Alla guida dell’U-VIP (Unit for Visually Impaired People) presso l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, coordina un team di 45 ricercatori impegnati nello sviluppo di tecnologie all’avanguardia basate sulla comprensione scientifica del cervello. Gori ha avviato un nuovo tipo di ricerca, entrando in quel mondo “dalla finestra”, come ama dire.

L’inizio del suo viaggio accademico racconta di un percorso non privo di ostacoli. Cresciuta ad Arezzo, Monica aveva una passione innata per il disegno e, consigliata dai suoi insegnanti, si iscrisse alla Scuola Statale d’Arte, intraprendendo studi in arte e oreficeria. Durante quel periodo, ha sviluppato notevoli competenze, dall’arte del saldare al disegno, fino alla scultura, scoprendo nel contempo un amore profondo per l’arte, tanto da tenere la sua prima mostra personale all’età di 18 anni. Tuttavia, si rese conto che fare l’artista su commissione non le avrebbe garantito la libertà espressiva desiderata. Per questo, decise di mantenere l’arte come passione e si rivolse allo studio della psicologia, un ambito che l’ha sempre affascinata per la sua connessione con l’interazione umana.

Durante il suo percorso universitario in psicologia, Gori si avvicinò alle neuroscienze, trovando ispirazione nei corsi di psicologia sperimentale e, in particolare, in quello sulla percezione visiva tenuto da David Burr, professore australiano il cui approccio non convenzionale influenzò profondamente il suo percorso. La scelta di scrivere una tesi presso il CNR di Pisa rappresentò una svolta cruciale, anche se all’inizio dovette affrontare sfide economiche che superò svolgendo lavori occasionali.

Nonostante le difficoltà iniziali, Monica Gori seppe distinguersi, integrandosi tra le eccellenze del CNR e contribuendo per quattro anni ai progetti sulla percezione visiva. Questo periodo fu per lei un momento di crescita personale e professionale che le permise di esprimere la propria creatività scientifica, un tratto che si rivelò determinante nel suo percorso futuro.

Con il tempo, però, avvertì la necessità di orientare la sua ricerca verso applicazioni pratiche, desiderio che coincideva con la nascita dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova. Qui, la sua interdisciplinarità emerse in modo preponderante. Partecipò al programma di dottorato in tecnologie umanoidi, incontrando inizialmente qualche scetticismo dovuto al suo profilo psicologico in un ambiente dominato dagli ingegneri. Tuttavia, la sua esperienza artistica e tecnica, come la capacità di saldare appresa negli anni di oreficeria, si rivelò un aspetto chiave.

Il suo contributo al IIT non si limitò alla sola ricerca teorica ma sfociò nel tentativo di creare tecnologie che potessero migliorare concretamente la vita delle persone con disabilità visive. Grazie alla sua capacità di combinare psicologia e tecnologia, Monica Gori ha dimostrato che percorsi non convenzionali e pensiero laterale possono davvero aprire nuove strade nel panorama scientifico.

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