La tragica vicenda della sera del 29 luglio dello scorso anno vede protagonista Sharon Verzeni, una trentatreenne di Terno d’Isola, in provincia di Bergamo. Sharon, nota barista della zona, aveva l’abitudine di dedicarsi al jogging, accompagnata dalla musica nelle cuffie, come parte della sua routine per mantenere la forma fisica. Tuttavia, quella fatale notte estiva segnò l’ultima volta in cui varcò la soglia di casa.

Intorno all’una di notte, lungo via Castegnate, un individuo si avvicinò a lei, infliggendole quattro coltellate tra schiena e petto, dopo averle pronunciato con dispiacere parole di scuse. Sharon, ferita mortalmente, riuscì solo a chiedere disperata: «Perché, perché?». Un interrogativo che non prevedeva risposte né motivazioni plausibili, poiché tra la vittima e l’aggressore non esistevano legami diretti. Sharon Verzeni venne brutalmente colpita da un uomo scelto senza logica apparente, mosso da un impulso improvviso e inspiegabile, che più tardi definirà semplicemente come un impulso.

Il processo a carico di Moussa Sangare, l’accusato di quell’orribile delitto, ha ora inizio a Bergamo presso la Corte d’Assise. Moussa Sangare è accusato di omicidio volontario aggravato, reato che può portare alla condanna all’ergastolo. L’avvocato difensore, Giacomo Maj, intende richiedere una perizia psichiatrica per esaminare la condizione mentale dell’imputato all’epoca dei fatti, nella speranza di evidenziare una patologia psichiatrica che potrebbe aver compromesso la sua capacità di discernimento. Spetterà al giudice decidere se accogliere tale richiesta e interrogare sommariamente l’accusato.

La comunità di Terno d’Isola ha vissuto un mese terribile dopo l’assassinio, con la paura costante di un possibile ritorno dell’aggressore. Gli inquirenti, nel tentativo di capire, hanno setacciato la vita di Sharon alla ricerca di indizi su eventuali moventi, ma invano: il delitto è risultato privo di un motivo logico. La svolta nelle indagini avvenne grazie alle telecamere di sorveglianza e alla testimonianza di due persone che descrissero un uomo sospetto nei dintorni. I carabinieri concentrarono rapidamente le indagini su Moussa Sangare, un giovane di 31 anni nato a Milano da una famiglia ivoriana. Il 31 agosto 2024 il giovane fu arrestato, e durante l’interrogatorio confessò, ammettendo l’omicidio compiuto senza una vera ragione, se non quella di un impulso inarrestabile.

Le sue dichiarazioni, prive di pentimento, scioccarono gli investigatori. La sua freddezza confermava un profilo psicologico disturbato. Alcune indiscrezioni indicarono che Sangare aspirava a una carriera da rapper e utilizzava, di frequente, il tema della violenza nelle sue espressioni artistiche.

In tribunale sarà presente anche Sergio Ruocco, il compagno di Sharon, un uomo innocente che ha portato il peso dei sospetti fino alla confessione di Sangare, e che oggi vive con i familiari della donna. Continua a visitare il cimitero per rendere omaggio alla sua amata, dove una frase di Francesco Guccini è incisa sulla lapide, evocando un dolce ricordo: «Voglio però ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti, che come allora sorridi».

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