Nel 1975 a Milano si consumò un efferato delitto che scosse profondamente l’opinione pubblica, nonostante sia rimasto in sordina negli anni successivi. Luisa Fantasia, moglie del brigadiere Antonio Mascione, pagò con la vita il ruolo cruciale che suo marito rivestiva nella lotta contro la droga. Il brigadiere Mascione, infatti, lavorava nel Nucleo investigativo di via Moscova, un reparto che si avvaleva delle tecniche avanzate del generale Carlo Alberto dalla Chiesa. In quegli anni, a Milano, la droga era un fenomeno dilagante, e le istituzioni facevano fatica a contenerne la diffusione. Mascione, pur di ottenere risultati immediati, si affidava spesso a informatori dal passato controverso e dalle intenzioni ambigue.

Fu proprio questa pratica a condurre al tragico omicidio di Luisa Fantasia. Due giovani complici, Abramo Leone, appena diciassettenne e Biagio Iaquinta, di ventitré anni, pretesero ulteriori somme di denaro dal brigadiere in cambio di informazioni cruciali su traffici di droga e denaro falso. Mascione, però, tardava a soddisfare le loro richieste, probabilmente aspettando il momento più opportuno per agire. Quel fatidico 14 giugno, esasperati, i due giovani si recarono alla sua abitazione a Baggio, un sobborgo milanese lontano dal centro città.

Nonostante Luisa fosse consapevole della natura spesso pericolosa delle persone con cui Mascione aveva a che fare, decise di farli entrare in casa. Con lei c’era la sua piccola Cinzia, di appena sedici mesi. Dopo essere riusciti a ingannare la donna, i due la presero in ostaggio, abusarono di lei e infine la uccisero brutalmente, lasciando sua figlia sola accanto al corpo senza vita della madre. L’arma del delitto fu un coltello da pesca subacquea, e dopo aver compiuto l’atrocità, Leone e Iaquinta frugano nella casa in cerca di denaro, fuggendo con pochi spiccioli.

La vicenda non passò inosservata, segnando due importanti primati nella storia giudiziaria italiana. Luisa Fantasia fu riconosciuta come la prima “vittima trasversale del dovere” nel paese, un termine che sottolinea come l’omicidio fosse legato indirettamente all’attività professionale del marito. Inoltre, Abramo Leone fu il primo minorenne in Italia a ricevere una condanna all’ergastolo in via definitiva dalla Cassazione, un evento che segnò una svolta nelle decisioni della giustizia verso i minori delinquenti. Il tragico destino di Biagio Iaquinta, invece, si concluse con la sua uccisione nel carcere di Nuoro.

La storia di Luisa Fantasia, nonostante la sua tragica intensità e il peso simbolico, è rimasta per lo più dimenticata nell’immaginario collettivo. Tuttavia, rappresenta una vicenda che mette in luce le difficili scelte e le pericolose alleanze che spesso gli operatori della giustizia sono costretti a stringere nel loro incessante compito di protezione sociale.

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