Le attuali disposizioni normative impongono alle aziende produttrici di dispositivi medici di restituire allo Stato la metà del debito accumulato dalle regioni oltre il limite di spesa fissato dal Fondo Sanitario Nazionale per questi dispositivi. La legge di bilancio non ha modificato questa normativa, generando preoccupazione tra le imprese del settore. Mattia Bellaviti, alla guida di Estor, azienda specializzata in apparecchiature per terapie extracorporee, esprime il timore che il pagamento del payback possa portare l’impresa sull’orlo del fallimento. Con sede a Pero, vicino Milano, la società affronta la prospettiva di una perdita compresa tra 500 mila euro e 1,3 milioni, una situazione insostenibile vista la creazione di un utile netto annuo di appena 200 mila euro.

Il payback sui dispositivi sanitari, stabilito nel 2015 ma operativo dal 2022, richiede alle aziende di coprire il 50% del debito regionale eccedente il tetto di spesa destinato ai macchinari ospedalieri. Questo meccanismo economico ha suscitato il malcontento di aziende diverse, tra cui la multinazionale B.Braun, che per coprire i costi dei rimborsi ha dovuto ridurre gli investimenti in ricerca e sviluppo, bloccando così la propria crescita. L’amministratore delegato Oliviero Pelosini sottolinea che le spese per il payback compromettono il ritmo di investimenti che l’azienda manteneva a doppia cifra fino a qualche anno fa.

Le aziende più strutturate stanno cercando di tenere da parte i fondi necessari per affrontare i futuri rimborsi. Tuttavia, per molte imprese di dimensioni più modeste, le conseguenze possono arrivare a metterne a rischio l’esistenza stessa. In un’industria che impiega circa 177.600 persone e genera un fatturato di 18 miliardi di euro, l’impatto delle attuali regole rischia di essere devastante. Secondo le stime di Confindustria Dispositivi Medici, il settore copre il 75% del mercato della sanità pubblica in Italia.

Anche nella speranza di un intervento da parte della giustizia, visto che sono stati presentati numerosi ricorsi al TAR, le aziende continuano a navigare in un clima di incertezza. La Consulta si è già espressa a favore del payback per il triennio 2015-2018, mentre il comparto attende l’esito del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea. Secondo Nicola Barni, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, l’attuale situazione normativa e i conseguenti rimborsi porteranno a fallimenti aziendali, mettendo a rischio migliaia di posizioni lavorative e causando una potenziale carenza di dispositivi negli ospedali.

In sintesi, le aziende impegnate nella produzione di dispositivi medici sono in bilico. Con un futuro permeato di incertezze e pressioni economiche stringenti, il settore chiede un ripensamento da parte del governo per prevenire il collasso di un comparto essenziale per la salute pubblica.

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