Una vicenda particolarmente delicata ha portato il Tribunale di Livorno a pronunciarsi su una richiesta di annullamento matrimoniale, avanzata da un uomo dopo aver scoperto, a distanza di 18 anni, che la moglie aveva in passato effettuato una rettifica del sesso. Secondo il marito, l’omissione di questo dettaglio fondamentale avrebbe dovuto portare all’annullamento del vincolo matrimoniale, ma i giudici hanno respinto tale richiesta, aprendo una riflessione sui limiti e sulle interpretazioni delle norme che regolano i matrimoni e le informazioni personali condivise tra i coniugi.

La coppia si era sposata nel 2003 e aveva vissuto insieme per quasi due decenni, fino alla separazione avvenuta nel 2021. Nel corso della loro unione, avevano anche avviato le pratiche per adottare un figlio, tentativo poi mai finalizzato. La scoperta del passato della moglie è avvenuta in modo accidentale, durante le fasi di separazione, precisamente nel 2022, quando l’uomo ha avuto accesso a documenti ipotecari e catastali. A seguito di questa rivelazione, ha deciso di rivolgersi al tribunale per chiedere l’annullamento del matrimonio, basandosi sull’articolo 122 del Codice civile, che prevede la possibilità di annullare un matrimonio in caso di “violenza o errore”.

Secondo il marito, l’omissione dell’informazione riguardante il cambio di sesso della moglie sarebbe stata tale da invalidare il consenso matrimoniale, poiché se ne fosse stato a conoscenza al momento delle nozze, non avrebbe mai acconsentito a contrarre matrimonio. L’uomo ha quindi cercato di far valere la tesi secondo cui il matrimonio fosse stato contratto sulla base di un errore sostanziale riguardante un aspetto cruciale dell’identità della moglie.

Di fronte a questa richiesta, i giudici di Livorno hanno svolto un’analisi approfondita delle dinamiche relazionali della coppia, ponendo l’accento su diverse incongruenze nelle versioni fornite dai coniugi. Da un lato, la moglie ha affermato di aver sempre informato il marito riguardo al suo passato, sottolineando come l’uomo fosse al corrente del procedimento di rettificazione del sesso già dai primi momenti della loro relazione. Dall’altro, il marito ha insistito sul fatto di non aver mai ricevuto tali informazioni, sentendosi ingannato.

In fase di giudizio, tuttavia, è emerso che, nonostante la moglie non avesse comunicato in modo esplicito tutti i dettagli sul proprio passato, l’uomo non aveva mai cercato di approfondire le cause della sua infertilità, accettando la spiegazione generica fornita dalla coniuge. La sentenza ha inoltre evidenziato come, a un certo punto della loro relazione, la moglie si fosse detta disponibile a spiegare tutta la verità, offerta che non venne accolta dal marito.

Il Tribunale, nella sentenza, ha chiarito che l’omissione del cambio di sesso non può essere considerata un errore essenziale riguardante l’identità della persona. Secondo i giudici, infatti, la mancata conoscenza dell’origine sessuale non compromette in modo tale da inficiare la volontà di contrarre matrimonio. Di conseguenza, anche qualora si volesse interpretare questa omissione come un errore, esso non avrebbe i requisiti per essere qualificato come un errore determinante ai fini dell’annullamento.

Il collegio giudicante, composto da Gianmarco Marinai, Azzurra Fodra e Nicoletta Marino, ha dunque rigettato la richiesta di annullamento, sottolineando che l’unica strada percorribile per l’uomo è quella del divorzio ordinario. La sentenza fa parte anche dell’archivio dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, divenendo un caso di riferimento per le future dispute legali in ambito matrimoniale.

Questa decisione del Tribunale di Livorno solleva importanti questioni legate al diritto di famiglia, al rispetto della privacy, e al delicato equilibrio tra ciò che i coniugi devono o non devono rivelare l’un l’altro prima del matrimonio. Da una parte, emerge il tema della fiducia reciproca e della trasparenza all’interno della coppia, mentre dall’altra si pone la questione dell’autodeterminazione individuale, in particolare riguardo alla scelta di divulgare aspetti personali del proprio passato che non necessariamente devono influenzare la decisione di sposarsi.

In definitiva, il caso conferma che, per il diritto italiano, l’identità di una persona, anche in riferimento a un cambiamento di genere avvenuto prima del matrimonio, non può essere considerata motivo sufficiente per l’annullamento di un matrimonio, a meno che non vi siano evidenze di frode o di coercizione, situazioni che qui non sono state riscontrate.

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