Un doloroso percorso ha caratterizzato gli ultimi giorni di vita di Piero Perulli, un musicista noto nell’ambiente rock salentino e fondatore del gruppo Cosmica, deceduto a 48 anni il 16 settembre presso il Dea di Lecce. La famiglia di Piero, conosciuto anche per essere stato proprietario dello storico locale Devil’s Cave, ha da poco presentato una formale richiesta di riesumazione della salma, nella speranza di fare chiarezza sulla vicenda. I parenti aspirano a comprendere se vi siano state carenze o negligenze da parte del personale medico, fattori che possano aver contribuito al tragico epilogo della sua storia clinica.

Secondo quanto denunciato dai familiari, il calvario di Piero ha avuto inizio verso la fine di agosto, quando fu ricoverato all’ospedale di Gallipoli per una sospetta meningite. In quel frangente, affermano i parenti, il musicista sarebbe stato lasciato in isolamento senza ricevere le cure necessarie per oltre tre giorni. Il prelievo di midollo effettuato durante questo periodo sarebbe stato conservato in modo inadeguato, costringendo successivamente il paziente a sottoporsi a un secondo intervento chirurgico sotto anestesia generale per confermare la diagnosi iniziale di meningite.

Dopo essere brevemente tornato a casa il 4 settembre, le condizioni di Piero si sono rapidamente aggravate, portandolo a un nuovo ricovero presso il Fazzi di Lecce per ulteriori indagini mediche. Tra procedure diagnostiche avanzate, come risonanze magnetiche, Piero è stato sottoposto a una terza anestesia generale, eseguita il 16 settembre per un’angiotac. Quest’ultima si è rivelata fatale perché da quel momento Piero non ha più ripreso conoscenza.

Le sorelle del musicista, nel loro esposto-querela presentato in procura, sollevano interrogativi sugli standard diagnostici applicati e sulle ripetute anestesie a cui è stato sottoposto un paziente già in condizioni fisiche precarie. Il loro dolore le spinge a richiedere una riesumazione del corpo ed un’autopsia, allo scopo di appurare se ci siano stati errori nella somministrazione dei farmaci o nella gestione dell’intero caso clinico.

La comunità continua a interrogarsi su quello che sembra essere stato un percorso di cura non privo di ombre, mentre la famiglia cerca risposte e giustizia per il loro caro scomparso in circostanze mai del tutto chiarite.

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