La complessità nel monitorare efficacemente una rete di subfornitura è un problema ben noto, nonostante i continui sforzi di controllo. Questo scenario è particolarmente evidente nel settore della moda di lusso, dove la preferenza per l’affidamento a terzisti non è l’unica strada percorribile per la produzione. Infatti, esiste l’alternativa di impiegare direttamente dipendenti, un’opzione che potrebbe garantire una maggiore adesione alle normative da parte dei fornitori.
Gli esperti sostengono che l’affidamento alla subfornitura rappresenti una scelta strategica per mantenere i costi contenuti e gestire le fluttuazioni della domanda di mercato. I marchi del lusso stabiliscono con i fornitori artigiani accordi commerciali che rendono più facile adattare la produzione alle richieste del mercato. Quando la domanda diminuisce, è il fornitore a dover affrontare le conseguenze economiche, come la gestione del personale in eccesso, senza che i brand subiscano perdite dirette.
Uno dei motivi principali per cui i brand si orientano verso i terzisti è la riduzione dei costi. Un noto operatore del distretto della pelletteria fiorentina evidenzia come il costo del lavoro in Italia sia già inferiore rispetto alla Francia, ma le cifre pagate ai terzisti sono ancora più basse. Questo mette in luce l’impossibilità per i fornitori di rispettare tutte le regole con le tariffe attuali. Spesso, infatti, emerge la necessità di cambiare fornitori, un rischio particolarmente alto per la regione Toscana.
Recenti eventi hanno fatto emergere una diffidenza nei confronti dei laboratori cinesi, portando i brand a riconsiderare le loro scelte di subfornitura. Tuttavia, pensare che tale strategia, unita alla diminuzione della domanda post-Covid, possa purificare la filiera potrebbe essere un errore. La crescita dei costi e l’attrattiva delle Zes, le zone economiche speciali create per stimolare regioni come Campania e Abruzzo, stanno rivoluzionando il panorama produttivo. Questi incentivi consentono di ridurre il costo del lavoro del 30%, permettendo ai dipendenti di accettare salari più bassi in ambienti lavorativi nuovi e conformi.
Di fronte a queste trasformazioni, la Toscana rischia di vedere una riduzione significativa della sua capacità manifatturiera. II costi della vita più alti, soprattutto per l’abitazione, impongono richieste salariali più elevate rispetto ad altre regioni, rendendo difficoltoso il mantenimento del tessuto produttivo attuale.