Il libro di Albinati, la scuola cattolica, ha vinto il premio Strega nel 2016. E’ ambientato nella Roma bene degli anni settanta. Tra i Parioli e il quartiere africano. In pratica la storia dell’autore, tra adolescenza e giovinezza, intrecciata con quella della città e del paese. Molti i riferimenti al delitto del Circeo. Angelo Izzo frequentò la stessa scuola.
Il libro è un insieme di pensieri, immagini, atmosfere del nostro recente passato. Quando non c’era Internet e facebook.
Il padre, malato di cancro, che fino alla fine pensa ai conti della casa, perché ai parioli due cose contano: il patrimonio e il decoro. Le domeniche pigre, con la sorella che si asciuga i capelli nel bagno ancora pieno di vapore. Il bello della scuola, con il suo chiodo e la moto. Le lotte tra fascisti e comunisti, una costante. E gli espropri proletari, ai danni di un commerciante di stoffe sulla Salaria.
Una critica alle comunità di recupero. La troppa facilità con cui vengono affidati assassini e ladri a queste strutture. Come nel caso di Izzo, uscito e poi di nuovo autore di un omicidio. Una madre e sua figlia. Aveva visto: “gli occhi del pentimento”, il prete che sponsorizzò, presso le autorità, l’affidamento alla sua associazione.
Un aneddoto curioso, che emerge in vari punti del libro. L’autore rimbalza tra avvocati, notai e uffici pubblici, per disfarsi della proprietà di due metri quadrati in un anonimo cortile condominiale.
Qualche insegnamento. Come quello di ascoltare gli altri andando al di là delle parole, perché magari intendono tutt’altro rispetto a quello che dicono.
Continui flashback ci riportano ai giorni nostri, o meglio i giorni di Albinati. Come quando descrive il rapporto con i figli o le serate a spasso per la città in taxi, tra un ristorante e un locale.
Durante la stesura del libro, l’autore si fa prendere da qualche curiosità, vuole rivedere alcuni ex compagni di scuola, scoprire il loro lavoro, i loro problemi. Oppure andare da qualche commerciante di un tempo, vedere se i loro negozi sono ancora aperti, come quello di elettrodomestici vicino viale Libia.
Una grande passione per la letteratura. Qualche bicchiere di troppo. Una vita sessuale un po’ disordinata, che lo porta a letto con la bambola della scuola, un tempo inaccessibile. O con una donna tedesca, conosciuta anni prima in un flirt irrisolto. Forse una maturità mai raggiunta, che accomuna la vita di questo scrittore sessantenne a quella di tanti altri, nella nostra epoca.
Non mi è piaciuto proprio l’intreccio tra passato e presente, troppo confusionario… troppi flashback’. Ma certo che l’ambiente descritto è realistico, tipico dei Parioli, e certe atmosfere di quegli anni si sentono proprio.
Capisco quello che vuoi dire riguardo all’intreccio, a volte la narrazione frammentata tra passato e presente può risultare difficile da seguire. Tuttavia, è interessante come alcuni trovino che il realismo dell’ambientazione e l’atmosfera dell’epoca riescano a compensare questa complessità, immergendoti completamente nei Parioli di quegli anni. Forse una maggiore coerenza tra le linee temporali avrebbe facilitato la lettura, ma non tutti gli aspetti del romanzo possono risuonare allo stesso modo per tutti i lettori.
La storia di Albinati fa venire in mente l’importanza di essere critici verso il sistema che riabilita criminali. Che crimine il Circeo, che follia affidare Izzo così alla leggera.
È vero, la vicenda del Circeo e la successiva liberazione di Izzo sollevano questioni importanti sulla giustizia e sul rischio di minimizzare la gravità dei reati attraverso processi di riabilitazione superficiali. La storia ci ricorda quanto sia fondamentale un sistema critico e vigilante, che non comprometta la sicurezza e non dimentichi le vittime nella smania di redenzione.
Ehhh i Parioli, che anni quelli! Ma quanto ha scritto sto libro, infinito proprio, però bello alla fine! Quanto cambia Roma quando non c’erano ancora sti social… altro che facebook!
Sì, hai proprio ragione! I Parioli di quegli anni avevano un’atmosfera unica e indimenticabile, con un fascino tutto loro. E il libro è davvero un viaggio nel tempo, anche se lungo, ne vale la pena. Roma senza i social aveva un ritmo e un calore particolari, tutto era più genuino e le connessioni tra le persone erano più reali. Quella Roma mi manca un po’!