La notte del 28 febbraio, un evento che ha segnato un cambiamento epocale, ha colto il mondo di sorpresa: Volodymyr Zelensky ha lasciato la Casa Bianca, per poi rifugiarsi in Europa nei giorni seguenti. Questo episodio ha messo in luce un nuovo assetto globale, preconizzato da tempo da Donald Trump, dove gli Stati Uniti sembrano pronti a lasciare indietro i loro storici alleati. A fronte di ciò, l’Unione Europea ha iniziato a considerare un piano di riarmo da 800 miliardi, mentre Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia hanno cominciato a distribuire guide su cosa fare in caso di conflitto. Hadja Lahbib, commissaria europea per la Gestione delle crisi, ha pubblicato un video sui social che illustra “kit di sopravvivenza”. I media hanno iniziato a diffondere l’idea che “l’Italia scopre il fascino del bunker”, mentre manifestazioni pacifiste si sono diffuse ovunque. Un clima di angoscia e insicurezza si è diffuso, e i sondaggi lo confermano: secondo Euromedia Research, il 42,2% degli italiani teme l’esplosione di una Terza guerra mondiale, un dato che sale all’85,4% tra i giovani. Ma quanto è reale questa minaccia, e quali contromisure vengono adottate?

Nel passato, i bunker erano una caratteristica della Seconda guerra mondiale e della guerra fredda, raccontati nei libri di storia. Oggi, queste strutture tornano alla ribalta su piattaforme social come TikTok e Instagram, con profili come ilmiobunker.it che promuove reel su nuovi progetti. Stefania Rivoltini, manager di un’azienda cremonese, racconta: «In seguito alla pandemia del 2021, abbiamo ripreso la nostra tradizione edilizia per proporre anche i bunker. L’invasione della Russia in Ucraina e l’instabilità in Medio Oriente hanno accelerato questa tendenza». Questi progetti si avvalgono della tecnologia svizzera, rinomata nel settore dei rifugi, essendo la Svizzera il Paese più preparato con oltre 370 mila bunker.

In Svizzera, sin dal 1963, una legge richiede ai costruttori di edifici di includere i bunker, e chi non lo fa deve pagare una tassa per garantire un posto nei rifugi pubblici. L’Estonia prevede di costruire 600 bunker entro l’estate, mentre la Norvegia sta restaurando alcune delle sue strutture risalenti alla guerra fredda. In Germania, dei 2 mila rifugi originali ne restano solo 579, e nessuno è operativo dopo l’abbandono del concetto di rifugio pubblico nel 2008.

In Italia, al contrario, i rifugi collettivi non sono mai stati prioritari, puntando piuttosto sulla protezione civile. Il più rilevante bunker del Paese, edificato dalla Nato tra il 1962 e il 1966 ad Affi, Verona, è ora inutilizzato. Il generale in pensione Gerardino De Meo racconta che, già nel 1966, si ritenevano i bunker inadeguati di fronte a bombe sempre più potenti e costose. Oggi il mercato è completamente privato, e Stefania Rivoltini sottolinea la necessità di strutture statali accessibili a tutti.

Molti, non potendo permettersi un bunker, optano per rinforzare cantine e garage, che possono offrire una protezione minima. Antonio Catallo, di ItalBunker, sostiene che trasformare una cantina in un rifugio è fattibile, ma non in un bunker antiatomico. «La situazione in Ucraina è simile a quella della Seconda guerra mondiale, con la popolazione che si rifugia nelle metropolitane per sfuggire ai bombardamenti».

Nel club dei facoltosi rifugiati, chi possiede la possibilità investe in strutture lussuose, complete di ogni comfort, dalle serre idroponiche al cibo a lunga durata. Le aziende come Northsafe offrono pacchetti completi per arredare questi rifugi secondo le esigenze e i gusti dei clienti.

Questo articolo sui bunker è pubblicato nel numero 18 della rivista, disponibile in edicola fino al 29 aprile 2025.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *