Mario Draghi, ex presidente del Consiglio dell’Italia, ha sottolineato la necessità urgente per l’Unione Europea di un approccio più deciso e unitario nella difesa dell’Ucraina, avvertendo che senza un cambio di rotta si rischia di rimanere soli a garantirne la sicurezza. Le sue osservazioni si inseriscono nel contesto di una difficile discussione tra i leader europei riguardo al finanziamento della difesa, resa ancor più pressante dalle richieste degli Stati Uniti sotto la guida di Donald Trump.

Draghi ha chiamato l’UE a un “cambio radicale”, ponendo l’accento sulla necessità di una maggiore coesione economica e politica. Ha proposto l’emissione di “debito comune” e la modifica delle attuali procedure decisionali che richiedono l’unanimità, suggerendo di passare a votazioni a maggioranza qualificata in varie aree. Secondo l’ex premier, “è sempre più chiaro che dobbiamo agire come un unico Stato”. Questa trasformazione richiederebbe un coordinamento senza precedenti tra governi, parlamenti nazionali e istituzioni europee.

Le discussioni tra i ministri delle finanze degli Stati membri sembrano orientarsi verso l’indebitamento nazionale per finanziare la difesa, senza che ciò incida sulla sorveglianza dei conti pubblici. Tuttavia, non è ancora chiaro quale sarà l’entità di queste spese e quanto tempo varrà l’esclusione dalla contabilità pubblica. Il commissario europeo all’economia, Valdis Dombrovskis, ha affermato che l’impegno non sarà limitato a un solo anno, ma altri Paesi, soprattutto quelli con elevato debito pubblico, hanno chiesto prestiti congiunti.

La necessità di risorse finanziarie non si limita alla difesa. Anche le transizioni verde e digitale richiedono ingenti investimenti. Secondo la bozza del Clean Industrial Deal della Commissione europea, l’UE dovrà aumentare i suoi investimenti in energia, industria e trasporti di circa 480 miliardi di euro annuali rispetto al decennio passato. Draghi ha stimato necessarie risorse tra i 750 e gli 800 miliardi all’anno, sottolineando che il debito comune deve essere sovranazionale per permettere a tutti i Paesi di partecipare, anche quelli con limitato spazio fiscale.

Oltre agli sviluppi geopolitici recenti, come l’espansione della capacità della Cina e le nuove sfide poste dall’amministrazione Trump, Draghi ha ribadito che l’Unione Europea non può continuare a rifiutare ogni proposta di integrazione economica e politica. “Non si può dire no a tutto”, ha affermato l’ex premier, aggiungendo che questo sarebbe incoerente con i valori fondamentali su cui si basa l’UE.

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