Il programma Superbonus, progettato per incentivare le ristrutturazioni edilizie in Italia, ha rappresentato un impegno finanziario enorme per lo Stato, con una spesa complessiva che supera i 123 miliardi di euro. Questi fondi sono stati utilizzati per ristrutturare appena il 4% delle abitazioni su tutto il territorio nazionale, con effetti economici e sociali che si faranno sentire per più di tre decenni. A fare il punto della situazione è stata la Corte dei Conti, che ha condotto un’analisi dettagliata sui costi e benefici legati all’iniziativa.
La promessa di ristrutturazioni “a costo zero” ha generato una serie di disagi per diversi attori coinvolti. Da un lato, i residenti hanno dovuto fronteggiare lavori in alcuni casi mai completati, rimanendo così bloccati in casa con spese non previste. Dall’altro lato, molte imprese edili si sono trovate in difficoltà a causa di crediti fiscali complessi da gestire, cantieri sospesi, licenziamenti e un elevato rischio di fallimento, con un impatto sociale che ha coinvolto circa un milione di persone.
La relazione della Corte dei Conti mette inoltre in luce un altro aspetto di fondamentale importanza: la durabilità dei materiali utilizzati nelle ristrutturazioni effettuate mediante il Superbonus. Questa preoccupazione si inserisce nel contesto più ampio delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che prevedeva investimenti per una “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, con l’obiettivo di rinnovare energeticamente oltre 100mila edifici, abbassando i consumi energetici e le emissioni di gas serra.
Tuttavia, i risultati economici della misura hanno suscitato non poche critiche. Un esempio emblematico è fornito dai costi sproporzionati di alcune ristrutturazioni, con 38 milioni di euro spesi per un singolo condominio. Complessivamente, le spese si sono suddivise tra 46.922 villette e 13.833 condomini. D’altro canto, il supporto finanziario europeo, attraverso sovvenzioni a fondo perduto, alleggerisce il fardello del debito per l’Italia.
L’analisi disaggregata dei fondi ha rilevato una netta disparità nella distribuzione per regione: oltre il 60% degli interventi è concentrato nel Nord Italia, con la Lombardia sola che assorbe il 21% della spesa totale. Al Centro, la Toscana e il Lazio si distinguono per l’ammontare delle risorse utilizzate rispettivamente su villette e condomini, mentre al Sud la quota di investimenti è risultata inferiore rispetto alle previsioni, con la Sicilia in testa per spese.
Dal punto di vista dei risultati programmati, il Superbonus ha comunque centrato gli obiettivi previsti dal Pnrr, con un risparmio energetico medio superiore al 40% per gli interventi realizzati, un traguardo in linea con le aspirazioni di decarbonizzazione del settore residenziale. Tuttavia, resta l’ombra di una gestione dei tempi di ritorno economico dell’investimento che si prospetta lungo i 35 anni, portando a valutare in modo critico la sostenibilità economica dell’iniziativa.
Infine, se consideriamo anche l’impatto sul Prodotto Interno Lordo, con un incremento del settore delle costruzioni del 73% dal 2019 al 2023, restano delle incognite sull’effettivo contributo del Superbonus. La stima di Bankitalia suggerisce che il 27% dei lavori di ristrutturazione sarebbe comunque avvenuto anche senza le agevolazioni, evidenziando un’efficienza marginale nel convertire spesa pubblica in crescita economica. In sintesi, l’analisi complessiva della Corte dei Conti suggerisce che il bilancio del Superbonus, tra costi ed effetti concreti, ad oggi resta negativo anche a causa della limitata durabilità dei materiali impiegati.