L’arrivo di Carlos Tavares alla guida di Stellantis ha portato speranze, ma anche molteplici preoccupazioni, soprattutto tra gli operai e le maestranze legate al passato glorioso della Fiat. Mentre l’industria automobilistica globale attraversa una fase di transizione complessa, l’approccio del nuovo CEO sembra centrarsi su un rigido controllo dei costi, spesso a scapito delle condizioni lavorative e degli investimenti strategici. A Mirafiori, storico stabilimento torinese, le decisioni di Tavares hanno avuto un impatto devastante, come testimonia la riduzione dell’attività produttiva e l’aumento del ricorso alla cassa integrazione.

Le preoccupazioni degli operai sono tangibili. “Con Marchionne, gli operai erano considerati una risorsa. Tavares, invece, ci vede come un semplice costo da eliminare,” racconta Chiara Montesano, operaia a Mirafiori, che da anni vive l’instabilità lavorativa e le incertezze legate ai tagli imposti dalla nuova dirigenza. Questo sentimento è comune tra molti dipendenti, che hanno visto scomparire i progetti di qualità, i miglioramenti infrastrutturali e la manutenzione, tutte vittime del nuovo mantra aziendale basato sull’austerità.

Il trasferimento di lavoratori da Grugliasco a Mirafiori è stato solo uno dei tanti segni di una gestione orientata al risparmio. La chiusura della fabbrica di Grugliasco, un tempo simbolo del rilancio Maserati sotto la guida di Sergio Marchionne, è stata una mossa vista da molti come la fine di un sogno industriale. Da un fallimento al trionfo, con Marchionne, si era visto il passaggio da una Bertone in crisi a un impianto in grado di produrre auto di lusso. Oggi, invece, i lavoratori sono relegati a Mirafiori, con il futuro sempre più incerto e un clima di sfiducia crescente.

Uno dei principali problemi evidenziati dai lavoratori è la mancanza di investimenti significativi in nuovi modelli. La promessa di una Fiat 500 ibrida, che dovrebbe essere lanciata a Mirafiori nel 2025, è accolta con favore, ma la consapevolezza generale è che una sola vettura non potrà garantire il rilancio dell’impianto e la sicurezza occupazionale di migliaia di lavoratori. Il timore è che le decisioni di Tavares, mirate esclusivamente a ridurre i costi, possano lasciare Mirafiori in una posizione marginale nell’evoluzione futura di Stellantis, un conglomerato nato da una fusione gigantesca, ma con radici che sembrano progressivamente allontanarsi dal territorio italiano.

La gestione delle risorse umane da parte di Tavares ha sollevato perplessità anche sul piano etico. Le tute logore non vengono più sostituite, e i lavoratori raccontano di condizioni sempre più difficili sul posto di lavoro, con tagli che riguardano persino il riscaldamento e la pulizia degli impianti. Questo senso di abbandono è confermato dai lunghi periodi di inattività lavorativa. Molti operai sono stati messi in Cig per mesi, con uno stipendio ridotto a cifre che sfiorano il limite della sopravvivenza economica. In queste condizioni, le famiglie faticano a far fronte alle spese quotidiane, e molti dipendenti devono affidarsi al sostegno dei parenti per tirare avanti.

Sebbene i lavoratori, come Montesano, continuino a sperare in un rilancio, la fiducia nel futuro è sempre più vacillante. La partecipazione agli scioperi e alle assemblee, infatti, è diminuita. Il senso di rassegnazione si sta diffondendo, soprattutto tra chi è ormai prossimo alla pensione e non vuole ulteriori complicazioni.

Ciò che emerge da questa gestione è l’impressione che Stellantis, sotto la guida di Tavares, si stia allontanando dall’approccio di un tempo, in cui il dialogo con i lavoratori era prioritario. Marchionne aveva instaurato una cultura aziendale in cui ogni operaio era un tassello fondamentale per il successo della compagnia, mentre oggi prevale una logica di tagli, senza prospettive di crescita sostenibile o valorizzazione delle competenze locali.

Alla luce di questa situazione, una riflessione sorge spontanea: non è facile immaginare che l’avvocato Gianni Agnelli avrebbe scelto un manager come Carlos Tavares per guidare la Fiat. Sotto la sua visione, l’azienda era un pilastro dell’industria italiana, e l’attenzione per la qualità e l’innovazione era centrale. Oggi, invece, i fratelli Elkann sembrano più simili a due ragazzi che giocano a fare gli imprenditori, spesso facendo i conti con i soldi degli italiani.

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