Il Continente Europeo è attualmente alle prese con una sfida significativa, comunemente denominata “stanchezza da Trump”. Appena cinque settimane fa, il presidente degli Stati Uniti ha scombussolato le dinamiche globali avvicinandosi a Vladimir Putin per iniziare il processo che, secondo lui, dovrebbe porre fine alla “guerra davvero terribile”. In risposta a questa mossa, i leader dell’Unione Europea hanno espresso il loro sdegno, esigendo un ruolo centrale nei negoziati e affermando che non si dovrebbero prendere decisioni “sull’Ucraina senza l’Ucraina”. Nonostante le loro richieste vigorose, esse non hanno avuto un impatto significativo.

Le notizie da Oltreoceano continuano a portare sgradite sorprese agli europei. Dall’Oval Office, Trump e il suo vice non hanno risparmiato critiche al presidente ucraino, definendolo un ‘dittatore’. Hanno anche ripreso l’UE per il suo approccio riguardo ai movimenti di estrema destra. Contestualmente, hanno annunciato nuove tariffe su acciaio e alluminio importati. Tuttavia, alla fine, gli USA e l’Ucraina hanno trovato un terreno comune che ha consentito discussioni in Arabia Saudita, giungendo a un accordo per una tregua di 30 giorni che includeva la sospensione dei combattimenti.

Un presupposto per l’attuazione di tale tregua da parte dell’Ucraina era il consenso della Russia, cosa che Putin non ha concesso. In effetti, durante una recente conversazione con Trump, il presidente russo ha posto condizioni difficili da soddisfare, pur promettendo di non colpire “le infrastrutture energetiche”. Nonostante ciò, ha subito innescato nuovi attacchi sulle città ucraine. Da parte statunitense, non ci sono state critiche esplicite. In compenso, Trump ha avuto una conversazione telefonica con Zelenskyy, descritta come “molto positiva”, gettando una scia di ottimismo sulla possibile risoluzione della crisi.

Durante una videoconferenza con i leader dell’UE, a Bruxelles, Zelenskyy ha aggiornato sull’esito dei colloqui con Trump, respingendo con vigore le esose richieste di neutralità e riduzione militare avanzate da Putin. La situazione è complicata. Al vertice del Consiglio europeo si percepisce la frustrazione degli Stati membri. Mentre i giganti USA e Russia detengono le redini del dibattito, l’UE sembra bloccata in un circolo di distrazioni senza reali progressi per supportare Kiev o incrementare la propria sicurezza.

Le conclusioni del vertice evidenziano l’urgenza di rafforzare le difese interne. Tuttavia, il progetto per un fondo di prestito da 150 miliardi di euro per le spese difensive è contestato da vari paesi, preoccupati delle limitazioni che escluderebbero l’acquisto di armi di produzione extraeuropea, compresa quella britannica, nonostante Londra collabori strettamente in iniziative di pace regionali.

Per molti diplomatici europei, una via d’uscita potrebbe essere un accordo di difesa con il Regno Unito, previsto al vertice di maggio. Tuttavia, certe nazioni costiere chiedono che un simile patto comprenda anche nuove norme sui diritti di pesca. Questa problematica classica di Brexit continua a permeare le relazioni e le discussioni sulle collaborazioni future in ambito di difesa.

Tra i funzionari europei si respira un nuovo clima di realismo. È evidente che l’UE, al momento, non può competere nella fornitura di aiuti militari su scala americana né può influenzare i colloqui di pace come vorrebbe. Come sottolineato dal premier svedese, l’Europa deve affrontare la realtà della sua posizione nel contesto globale di difesa.

Nel frattempo, nel Regno Unito, si discute di una forza multinazionale per mantenere la pace in futuro, ma il cancelliere Starmer esita a prevedere un accordo di pace, ribadendo la necessità di una pianificazione anticipata.

In conclusione, mentre i leader europei attendono il prossimo incontro ideato da Macron per delineare i passi futuri, Washington rimane stranamente silente mentre i bombardamenti russi persistono. La questione ucraina continua a essere un banco di prova per la coesione e l’efficacia delle risposte europee.

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