Aleppo, simbolo delle sofferenze inflitte dalla guerra civile siriana, torna al centro dell’attenzione internazionale. Dopo anni di relativa calma, la città sta vivendo una nuova escalation di violenza, con scontri tra le forze governative e gruppi ribelli che hanno riacceso il conflitto in questa regione strategica.
Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (Sohr), le forze curde-siriane, legate al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), avrebbero preso il controllo dell’aeroporto internazionale della città, abbandonato dalle truppe governative e iraniane. Parallelamente, i ribelli jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) hanno occupato ampie porzioni di Aleppo, in quella che sembra essere una mossa coordinata per destabilizzare ulteriormente il regime di Bashar al-Assad.
Il ritorno dei combattimenti
Dal 2016, quando Aleppo era stata riconquistata dal regime con il sostegno dell’aviazione russa, non si registravano scontri di questa intensità. Gli ultimi giorni hanno visto un crescendo di violenze, con 23 raid aerei condotti dal regime e dalle forze russe, e circa 300 morti, tra cui almeno 20 civili, secondo i dati di Sohr. Testimonianze raccolte da fonti locali riportano che molte aree della città sono state prese dai ribelli senza significative resistenze. Strutture chiave come il municipio e le stazioni di polizia risultano abbandonate, contribuendo a un senso di disorientamento tra i residenti.
Nonostante l’apparente rapidità con cui i ribelli si sono imposti in città, sono stati segnalati scontri in alcuni quartieri. Le autorità ribelli hanno dispiegato forze per prevenire saccheggi e violenze, ma l’incertezza regna sovrana. Migliaia di civili stanno tentando di lasciare la città, con lunghe code di auto dirette verso le poche vie di fuga ancora controllate dal governo.
Vittime e distruzione
Tra gli episodi più gravi, un attacco aereo vicino alla rotonda Basil, nella parte sud-occidentale della città, ha causato la morte di 16 civili. Fonti locali attribuiscono l’azione a jet militari russi, ma mancano conferme ufficiali. Le vittime civili continuano ad aumentare, e la situazione umanitaria ad Aleppo è sempre più critica.
Le Nazioni Unite hanno avviato un’operazione di evacuazione verso Damasco. Alcuni cittadini con doppia nazionalità italiana sono stati già messi in salvo grazie alla collaborazione tra l’Ambasciata italiana e il ministero degli Esteri. Tuttavia, molti civili restano intrappolati in città, dove mancano generi di prima necessità e l’accesso alle cure mediche è fortemente limitato.
Uno scenario di caos e insicurezza
Le autorità siriane affermano che il ritiro delle forze governative da Aleppo è temporaneo e strategico, finalizzato a preparare una controffensiva. Tuttavia, la mancanza di una reazione immediata ha alimentato speculazioni sull’indebolimento del regime, in parte attribuibile alla riduzione del supporto da parte dell’Iran e di Hezbollah.
I ministri degli Esteri di Russia, Turchia e Iran hanno espresso preoccupazione per la situazione e invocato un’azione congiunta per riportare la stabilità in Siria. Il formato di Astana, piattaforma di dialogo tra queste potenze regionali, potrebbe tornare a svolgere un ruolo chiave nei prossimi sviluppi.
Il peso della storia
Aleppo, già martoriata tra il 2011 e il 2016, è un simbolo della distruzione e del caos che hanno caratterizzato la guerra civile siriana. Durante quel periodo, il regime di Assad aveva riconquistato la città dopo una brutale campagna militare che aveva lasciato profonde cicatrici, sia fisiche che psicologiche. Ora, con il ritorno delle ostilità, il destino di Aleppo appare nuovamente incerto.
La situazione rimane tesa e fluida. Mentre i ribelli consolidano le loro posizioni e il regime prepara la sua risposta, la popolazione civile è intrappolata in una spirale di violenza e incertezza. Aleppo, ancora una volta, si ritrova sospesa tra speranza e disperazione, simbolo di un conflitto che sembra non avere fine.