In una notte tranquilla di dicembre, la strada immersa nell’oscurità attendeva immobile il passaggio di un treno. Nel silenzio della notte, Giuseppe Antoci, noto attivista contro la mafia, meditava seduto sul sedile posteriore di un’auto. La scorta di sicurezza, all’esterno del veicolo, garantiva la protezione necessaria mentre il convoglio ferroviario si avvicinava. L’ambiente circostante, privo di illuminazione, alimentava un’atmosfera di tensione, incerta su cosa potesse nascondersi nelle tenebre mentre faceva ritorno a casa. “Fermarsi a un passaggio a livello non è mai rassicurante”, rifletté. Finalmente, dopo un’attesa interminabile, il treno transitò, permettendo di proseguire il viaggio. Tali momenti destano timore: otto anni prima, sulla via del ritorno, riuscì a malapena a sopravvivere a un’imboscata della mafia, un attacco per la sua instancabile lotta contro la corruzione. “La mafia non dimentica mai”, ribadì. “Quando vogliono colpire, trovano sempre il modo.”
Divenuto una figura di spicco nel panorama italiano per il suo coraggio nel contrastare le attività mafiose, Antoci non è estraneo ai rischi che la sua battaglia comporta. Grazie al suo impegno, in Italia sono stati introdotti controlli più intensi sui fondi agricoli dell’Unione Europea, a seguito delle sue rivelazioni su frodi massicce orchestrate dalla mafia per ottenere finanziamenti europei. Ora, si prefigge un obiettivo ancor più ambizioso: implementare simili controlli a livello europeo e intensificare la lotta al crimine organizzato e al riciclaggio di denaro. Eletto durante la salita del Movimento 5 Stelle, il suo arrivo a Bruxelles è stato accolto con attesa. Tuttavia, numerosi sono gli ostacoli: Bruxelles detiene limitate competenze in materia di giustizia e sicurezza, e attualmente, l’Unione si trova in un momento di riduzione del suo ruolo normativo. È quindi incerto se Antoci riuscirà a replicare in Europa il successo ottenuto in Italia.
Incontrarlo a Bruxelles è un’esperienza atipica rispetto ai consueti incontri con i politici europei. Non vi sono caffè condivisi nei corridoi del Parlamento, né conversazioni informali. POLITICO viene guidato attraverso un corridoio sorvegliato da telecamere e pattugliato da uomini armati. Le pareti dell’ufficio di Antoci sono ornate da decorazioni e diplomi, con una finestra che si affaccia su un grigio edificio di cemento, forse a prova di cecchini. Nonostante le circostanze, Antoci si mostra disponibile e accogliente, una figura cordiale, seppur segnata dalle esperienze vissute. La sua narrazione inizia con il suo passato.
Originario della Sicilia, Antoci ha vissuto gli anni caratterizzati da violenze politiche e criminali degli “Anni di Piombo”, periodo in cui la mafia, conosciuta come Cosa Nostra, impose il terrore sul Paese. Si distinse per la sua dedizione allo studio dell’economia all’Università di Messina, mantenendo un basso profilo. Dopo l’università, intraprese una carriera nel settore bancario, dove raggiunse la posizione di direttore regionale, costruendo una vita familiare serena con sua moglie e le loro tre figlie in un’elegante villa presso Santo Stefano di Camastra. Sebbene avesse evitato la carriera politica, il suo viaggio lo portò a diventare il presidente del Parco dei Nebrodi nel 2013, un vasto territorio protetto in Sicilia.
Durante il suo mandato, scoprì che un’inquietante percentuale, circa l’80%, dei contratti di affitto nel parco era in mano alla mafia siciliana. La complessa trama di frodi sui fondi agricoli europei emerse, un sistema che permetteva alla mafia di intascare enormi somme senza difficoltà. Antoci propose una strategia semplice ma efficace, ossia intensificare i controlli sui richiedenti delle sovvenzioni. Questa proposta portò rapidamente a risultati tangibili, tuttavia espose Antoci a gravi pericoli.
Nel 2014, giusto a ridosso delle festività natalizie, le autorità intercettarono piani concreti per eliminarlo, e da allora vive sorvegliato costantemente. Densa di tensione è stata la notte del 2016, quando la strada su cui viaggiava con la sua scorta fu bloccata e fu bersaglio di un attacco armato. La scorta rispose prontamente, e fortunatamente un’auto di supporto giunta poco dopo costrinse i malviventi alla ritirata. Questa aggressione segnò profondamente Antoci, che vive con il costante ricordo della violenza subita.
L’attentato fallito generò un’ondata di solidarietà e indignazione in Italia. L’anno successivo, il Parlamento, approvò quello che oggi è noto come “protocollo Antoci”, colpendo duramente le infiltrazioni mafiose nei fondi agricoli grazie a numerosi arresti e condanne. Antoci divenne un simbolo, corteggiato da vari partiti politici. Alla fine, nel 2024, decise di candidarsi e fu eletto al Parlamento Europeo con il Movimento 5 Stelle.
L’arrivo di Antoci a Bruxelles coincide con un periodo di crescente violenza legata al crimine organizzato in Europa, dove i narcotrafficanti cercano di accaparrarsi un mercato miliardario. Le bande criminali si sono evolute in gruppi paramilitari, ampliando la loro influenza oltre i confini nazionali. La sicurezza pubblica è divenuta una questione sentita, influenzando le dinamiche politiche in nazione come la Francia e i paesi del Benelux. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha promesso di intensificare gli sforzi nelle politiche di sicurezza a livello continentale, un impegno che potrebbe avvantaggiare figure come Antoci.
Con l’Europa che si trova a distribuire ancora i fondi del piano di ripresa post-Covid-19, Antoci avverte del rischio che enormi somme possano finire nelle mani del crimine organizzato. I dati di Europol confermano infatti l’alta infiltrazione della malavita nel tessuto economico legale europeo. Rafforzare la normativa e i controlli è imperativo. Antoci, grazie alla sua esperienza, spera di contribuire significativamente a questa battaglia dall’interno delle istituzioni europee.