Nel gelido campo profughi di Khan Yunis, le temperature notturne sono calate a meno di 9 gradi. In questa morsa di freddo pungente, una neonata di nome Sila non è riuscita a sopravvivere. Il suo padre, Mahmoud al-Faseeh, descrive con dolore come la piccola abbia pianto disperatamente nella notte natalizia, mentre i suoi battiti cardiaci rallentavano sempre di più. Mentre le celebrazioni della nascita di Gesù riempivano il mondo, Sila era avvolta ina una coperta, in una lotta vana contro il gelo.

Le storie dalla Striscia di Gaza, come quelle narrate da Mahmoud, sono drammatiche cronache di un giorno qualunque in quell’area. Collocato a al-Mawasi, oltre Khan Yunis, il campo profughi vede la sua gente soffrire privazioni continue, in un inverno tutt’altro che mite. La mancanza di cibo, spesso trattenuto ai confini della Striscia, aggiunge ulteriore disperazione in queste terre sfinite. Al Jazeera fornisce ulteriori dettagli, sottolineando come la tenda della famiglia al-Faseeh, non essendo sigillata, lasci passare i venti gelidi che penetrano liberamente, rendendo il suolo un campo di ghiaccio.

La sofferenza è palpabile dalle parole del padre di Sila: il freddo è stato insopportabile perfino per gli adulti. La bambina si è svegliata ben tre volte piangendo. Al mattino, però, il suo corpo era immobile, rigido come legno. Nonostante la corsa disperata all’ospedale da campo vicino, e i tentativi continui dei medici di rianimarla, Sila è stata dichiarata morta a causa di ipotermia.

I medici locali, secondo quanto riferisce l’Associated Press, indicano che Sila è la terza piccola vittima del freddo in pochi giorni in quel luogo. Questa tragica serie di eventi sottolinea le condizioni precarie e disperate in cui queste famiglie lottano per sopravvivere, in un conflitto che sembra non avere mai fine.

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