La situazione attuale in Medio Oriente è drammatica, con l’espansione del conflitto che sta progressivamente isolando Israele, sia all’interno che sul piano internazionale, a causa dei numerosi fronti di guerra aperti. Il bilancio delle vittime palestinesi ha raggiunto cifre allarmanti: 42.000 morti, tra cui 12.000 bambini, 6.000 donne e oltre 60.000 feriti. Questi numeri, pur attendibili, restano provvisori. La gravità della situazione è tale che, anche con una sola vittima, si tratterebbe comunque di una sconfitta per l’umanità intera. Ora è legittimo chiedersi se non sia arrivato il momento di riconoscere ufficialmente un genocidio o il manifestarsi di un male assoluto.

In questo complesso scenario, caratterizzato da una logica di “colpo su colpo”, il dialogo tra le parti appare sempre più difficile, contribuendo a radicare un odio profondo che rischia di essere tramandato alle future generazioni. La comunità internazionale e le Nazioni Unite sembrano temporeggiare, mentre il conflitto prosegue quotidianamente, mietendo sempre più vittime civili.

Recentemente, Israele ha esteso il conflitto invadendo il Libano e colpendo con bombardamenti la missione di pace UNIFIL delle Nazioni Unite. Il compito dell’UNIFIL è di garantire la cessazione delle ostilità, mantenendo una zona cuscinetto tra la Linea Blu e il fiume Litani, libera da personale armato. Attualmente, come riportato sul sito del Ministero della Difesa, l’UNIFIL continua a monitorare il rispetto del cessate il fuoco e della Linea Blu. Bombardare una missione di pace rappresenta un crimine di guerra, e non è accettabile che venga liquidato come un errore. Israele non può imporre a questa missione di spostarsi, trattandosi di un’operazione di pace sostenuta da 50 Paesi membri dell’ONU, una rappresentanza significativa della comunità internazionale.

Nel frattempo, negli Stati Uniti si avvicinano le elezioni presidenziali e nessun candidato sembra volersi sbilanciare troppo, nel timore di perdere consensi. Tuttavia, mentre il silenzio politico continua, il conflitto in Medio Oriente non mostra segni di arresto.

Parallelamente, la guerra in Ucraina prosegue, e si osserva un comportamento preoccupante da parte del Presidente Zelensky. Recentemente, infatti, l’Ucraina ha iniziato operazioni offensive sul territorio russo, comportandosi in modo simile a Vladimir Putin. Zelensky ha incessantemente richiesto armi e supporto militare agli Stati Uniti e agli altri Paesi occidentali membri della NATO. Tuttavia, le armi dovrebbero essere utilizzate esclusivamente per la difesa del territorio ucraino, non per colpire la Russia e invaderne il suolo. Questo tipo di provocazione, inevitabilmente, genera una risposta militare da parte russa, aumentando il rischio di un conflitto senza fine.

In questi giorni si parla di un nuovo piano di pace proposto dal Presidente ucraino, ma c’è chi si chiede se sia davvero sincero o semplicemente un’altra manovra per distrarre l’opinione pubblica.

Questi ultimi avvenimenti dimostrano come la guerra, tanto in Medio Oriente quanto tra Russia e Ucraina, sia destinata a continuare. Sembra mancare la vera volontà di pace da parte delle nazioni coinvolte. La pace non si costruisce con più armi e con l’escalation del conflitto, ma con la ferma volontà dei popoli e dei governi di cercarla realmente.

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