Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata in Iran, ha potuto contattare ieri la sua famiglia, facendo tre telefonate alla madre, al padre e al compagno, Daniele Raineri. Nelle chiamate, la giornalista ha implorato di agire rapidamente per la sua liberazione. Il regime, che inizialmente aveva garantito un trattamento dignitoso, non ha mantenuto la parola data e non ha consegnato alcun pacco con beni di prima necessità. Sala è costretta a dormire per terra, su una coperta, in una cella angusta e fredda nel carcere di Evin, simbolo della repressione iraniana.

Dal 27 dicembre, giorno del suo incontro con l’ambasciatrice italiana Paola Amedei, Sala non ha avuto contatti diretti con nessuno, neppure con le guardie carcerarie che le passano il cibo attraverso una fessura nella porta. Non le sono stati recapitati né cibo né oggetti di conforto: nessun panettone, cioccolato, maglioni, libri, sigarette, o mascherina per il neon acceso tutto il giorno e tutta la notte. Persino gli occhiali da vista le sono stati confiscati.

La Farnesina, allarmata dalla situazione emersa durante le telefonate, ha richiesto con urgenza la liberazione della giornalista e garanzie sulle sue condizioni di detenzione. Tuttavia, il regime iraniano non ha ancora formulato un’accusa specifica, limitandosi a sostenere che Sala avrebbe violato le leggi della Repubblica islamica.

Quello di Cecilia Sala è un calvario che ricorda molto da vicino quello di altre detenute politiche in Iran, caratterizzato da isolamento e condizioni disumane. La costituzione iraniana vieta l’isolamento e qualsiasi tipo di torture o estorsione di confessioni, ma queste leggi non sembrano trovare applicazione pratica. I racconti di Sala rispecchiano quelli di altre donne detenute, che hanno subito il gelo, la solitudine, e un trattamento inumano nel carcere di Evin.

Elahe Ejbari, una studentessa iraniana fuggita in Germania dopo aver passato tre mesi in isolamento a Evin, ha confermato al Corriere la brutalità delle condizioni di detenzione. Senza materasso o cuscino e con il freddo pungente, Ejbari ha raccontato della impossibilità di avere libri, finestre o penne, e delle lunghe attese per le autorizzazioni a usare il bagno. Secondo Ejbari, ciò che sta accadendo a Sala non è sorprendente, poiché il regime iraniano esercita pressione sui detenuti per ottenere concessioni politiche, in questo caso collegata alla detenzione dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini in Italia.

Ejabari ha espresso il desiderio che Cecilia Sala venga liberata al più presto e ha ipotizzato che, per solidarietà, le attiviste iraniane nel carcere potrebbero aiutarla a sopravvivere alle dure condizioni di prigionia. Questo drammatico sviluppo richiama l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani in Iran e sulla necessità di un’azione internazionale per garantire diritti fondamentali ai detenuti.

2 pensiero su “Cecilia Sala prigioniera in Iran: appello disperato alla famiglia per il rilascio immediato”
  1. Ma chi gliel’ha fatto fare a Cecilia di andare in quei paesi pericolosi? Non capisco perch� uno mette a rischio la propria vita in questo modo.

  2. Mi dispiace tanto per Cecilia Sala, nessuno dovrebbe passare quello che sta passando lei. È importante che tutta la comunit� internazionale faccia pressione sul regime iraniano.

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