Nelle intricate vicende del conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, un importante progresso sembra essere stato fatto verso un cessate il fuoco e la liberazione di ostaggi. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Associated Press, Hamas avrebbe accettato i termini di un accordo che prevede il rilascio di 33 ostaggi in cambio della liberazione di un numero compreso tra 1.000 e 1.200 detenuti, nonché l’invio di 600 camion di aiuti umanitari al giorno.

Tuttavia, alcune questioni rimangono ancora in sospeso. Una di queste riguarda la necessità che Israele fornisca mappe dettagliate per il ritiro delle sue truppe da aree strategiche come Netzarim, al centro della Striscia, per agevolare il ritorno degli sfollati nelle loro case nella parte settentrionale di Gaza. Anche se Hamas e Israele paiono aver già raggiunto un’intesa su questo punto, il processo di ratifica formale non è ancora completo. Nonostante l’apparente consenso, le dichiarazioni ufficiali latitano, e le parti restano moderate nei loro commenti, definendo i dettagli rimanenti come marginali.

Israele, dal canto suo, attraverso le parole del primo ministro Benjamin Netanyahu, fa sapere che sarà vigile nel monitorare il rispetto degli accordi da parte di Hamas, promettendo reazioni decise ad eventuali violazioni. Netanyahu ha inoltre sottolineato l’importanza del sostegno del nuovo presidente eletto Donald Trump, prospettando una seconda fase dell’accordo che non segnerà la fine della guerra ma porterà ad un cessate il fuoco prolungato.

Mentre queste dinamiche si sviluppano, l’Egitto si prepara a svolgere un ruolo cruciale, pianificando l’apertura del valico di Rafah per facilitare il trasferimento degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi in vista della firma ufficiale dell’accordo.

La bozza d’accordo prevede diverse fasi: inizialmente, la liberazione degli ostaggi anche con il transito di aiuti; successivamente, il rilascio degli ostaggi militari maschi da parte di Hamas in cambio di altri prigionieri e il ritiro totale delle truppe israeliane da Gaza. Infine, la consegna dei resti degli ostaggi porterebbe all’avvio di un piano di ricostruzione di durata triennale-cinque anni sotto supervisione internazionale.

Un termine nuovo si è affacciato nel contesto di Gaza: “Ricostruzione”. Un termine che, finora, sembrava difficile da associare alla martoriata regione, ma che ora potrebbe rappresentare un nuovo inizio, richiedendo però un impegno internazionale continuo e sostenuto.

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