Una fonte interna vicina al dossier ha comunicato alla televisione pubblica Kan che la crisi con il ministro Bezalel Smotrich sarebbe la causa del ritardo nell’annuncio da parte del primo ministro israeliano riguardo all’accordo per il cessate il fuoco e per il rilascio degli ostaggi. La situazione, infatti, si presenta complessa poiché il ministro delle Finanze, rappresentante dei coloni, richiede una garanzia scritta che la guerra riprenderà se non ci sarà una completa sconfitta militare di Hamas. Questo elemento rende il compito del primo ministro Benjamin Netanyahu ancora più arduo nel tentativo di mantenere l’integrità del governo dopo l’approvazione dell’accordo.

Nel corso della notte, il consiglio dei ministri ha subito un rinvio, lasciando le famiglie degli ostaggi in uno stato di ansiosa attesa. In mattinata, i consiglieri di Netanyahu hanno rilasciato un comunicato in cui si afferma che Hamas avrebbe apportato modifiche all’accordo di tregua, o non avrebbe accettato tutti i punti previsti. Pertanto, fino a quando non sarà ricevuta una risposta definitiva, il governo non potrà riunirsi per votare l’intesa. Da parte loro, i leader di Hamas hanno ribadito di aver sottoscritto il patto, accusando Netanyahu di aver effettuato una retromarcia.

Nonostante l’opposizione abbia dichiarato che sarebbe pronta a sostenere l’accordo esternamente, garantendo una stabilità temporanea al governo per un paio di mesi, Netanyahu, soprannominato “Bibi”, preferisce non dipendere dai voti degli avversari che mirano a destituirlo.

La tregua, prevista per entrare in vigore domenica, è ancora incerta. Nel frattempo, le operazioni militari sembrano intensificarsi, con notizie di un razzo lanciato da Gaza, suggerendo un’accentuata attività sul campo prima di una possibile pausa nei combattimenti.

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