Il nuovo Primo Ministro francese, François Bayrou, fervente cattolico, affronta un periodo natalizio non proprio sereno, anche se il compito di formare il suo governo è ormai alle spalle. Tuttavia, lo spirito delle festività potrebbe essere di breve durata. Infatti, con una Francia politicamente paralizzata, dove tanto l’estrema destra quanto la sinistra sono in grado di coalizzarsi per sfiduciare la sua amministrazione, proprio come hanno fatto con la precedente all’inizio del mese, l’attuale esecutivo appare fragilissimo. Questa situazione rappresenta un grande problema per il Presidente Emmanuel Macron, il cui mandato durerà fino al 2027, ma che si trova a dover gestire un Paese sempre più ingovernabile e con una popolarità in calo. Anche l’Unione Europea osserva con preoccupazione, poiché la seconda economia del continente, tradizionalmente motrice del progresso comunitario, è praticamente ferma.

La principale difficoltà risiede nel fatto che il governo di Bayrou, annunciato lunedì, somiglia molto a quello del suo predecessore, Michel Barnier. Infatti, la maggior parte delle cariche chiave sono ricoperte da parlamentari centristi e conservatori, nonostante la somma delle forze opposte, costituite dall’estrema destra di Marine Le Pen e dall’alleanza della sinistra Nuovo Fronte Popolare, rappresenti una maggioranza parlamentare. L’amministrazione Barnier è stata sfiduciata in meno di tre mesi, e le prime reazioni dei leader dell’opposizione non lasciano presagire una maggiore durata per il nuovo esecutivo. Olivier Faure, capo del Partito Socialista di centro-sinistra, ha descritto il nuovo governo come “una provocazione”, definendolo come “la destra dura al potere sotto l’occhio vigile dell’estrema destra.” Dal canto suo, il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha criticato duramente la nuova squadra, definendola una “coalizione del fallimento.”

Il compito di Bayrou si presenta tutt’altro che semplice, essendo la situazione politica francese rimasta invariata dopo la rimozione di Barnier. Da un lato, esiste l’acuto stato di divisione della politica francese, con le elezioni anticipate indette da Macron in estate che hanno portato a un parlamento bloccato, composto da tre blocchi quasi equivalenti e reciprocamente ostili, rendendo impossibile la costruzione di una maggioranza. Dall’altro, è indispensabile approvare un bilancio per il 2025, atteso da tempo, nonostante questa frammentazione.

La pressione per ridurre il deficit della Francia, che nel 2023 ha raggiunto il 6.2% del PIL, proviene dai mercati finanziari e dalla Commissione Europea. La situazione è tale che la Francia si trova sotto procedura di deficit eccessivo a Bruxelles per i disavanzi accumulati l’anno scorso. I piani di Barnier per risparmiare 60 miliardi di euro all’anno tramite aumenti fiscali e tagli alla spesa avevano rassicurato la Commissione, ma avevano suscitato critiche dai partiti di opposizione, precipitando la sua caduta. Bayrou ha promesso di presentare un nuovo bilancio entro metà febbraio, ma per farlo dovrà trovare un modo per ridurre il deficit senza provocare l’ira delle opposizioni.

Il primo grande banco di prova per Bayrou arriverà il 14 gennaio, quando terrà il suo discorso programmatico inaugurale davanti all’Assemblea Nazionale. Anche se i primi ministri francesi non sono tenuti a cercare un voto di fiducia, il movimento di sinistra France Insoumise ha promesso di proporre una mozione di sfiducia se Bayrou non dovesse convincerli. Una tale mozione richiederebbe il sostegno sia del Partito Socialista sia del Rassemblement National per essere approvata.

Nonostante Bayrou continui a promuovere la rappresentanza proporzionale, una riforma sostenuta sia dal Rassemblement National sia dalla sinistra, e a mostrare apertura alla tassazione degli extra profitti delle grandi imprese, le sue prime mosse in carica sono state segnate più da passi falsi e controversie che da costruzione di coalizioni. Un recente sondaggio di Ifop lo classifica come il primo ministro meno popolare a questo punto del suo mandato, offrendo poche ragioni all’opposizione per supportarlo.

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