Nel contesto attuale delle relazioni internazionali, lo scontro verificatosi nello Studio Ovale tra il presidente ucraino Zelensky, il presidente statunitense Trump e il suo vice Vance potrebbe rappresentare un momento decisivo per l’Unione europea. Quello che Bruxelles aveva solo previsto riguardo al comportamento di Washington ora sembra essere una realtà tangibile, concretizzando le aspettative circa la futura collaborazione transatlantica. Il crescente senso di isolamento europeo, insieme allo shock dell’accaduto, ha spinto i leader del Vecchio Continente a unirsi a sostegno di Zelensky e della popolazione ucraina. In Europa non ci sono dubbi sul vero responsabile dell’invasione: Vladimir Putin.
L’incontro previsto a Londra, organizzato inizialmente dal primo ministro britannico Starmer per riferire agli alleati sul suo colloquio con Trump a Washington, avrà adesso l’obiettivo di sviluppare strategie per continuare a fornire supporto a Kiev, in vista del crescente distacco americano. Si discuterà di aumentare le spese difensive per cercare di ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti, un piano che tuttavia non può essere realizzato dall’oggi al domani.
Un’analisi del think tank Bruegel, a cura di Burilkov e Wolff, sottolinea che per fare a meno dell’assistenza americana sarà necessario un aumento delle capacità militari europee equivalente a una forza di 300 mila soldati statunitensi. Questo implica un rafforzamento delle unità meccanizzate e corazzate per sostituire le pesanti divisioni dell’esercito USA, corrispondente a circa 50 nuove brigate europee. Gli analisti affermano che una deterrenza europea credibile per prevenire un’improvvisa incursione russa nei Paesi baltici richiederebbe almeno 1.400 carri armati, 2.000 veicoli da combattimento per la fanteria e 700 pezzi di artiglieria. Attualmente, la potenza di combattimento combinata delle forze di terra di Francia, Germania, Italia e Regno Unito risulta inferiore a queste cifre.
Il finanziamento della difesa europea è un capitolo critico. Per raggiungere il 3,5% del Pil, soglia probabilmente decisa dai Paesi Nato nel vertice di giugno, sarà necessaria un’incremento di circa 250 miliardi di euro all’anno. Tuttavia, molte nazioni dell’UE, tra cui l’Italia e la Francia, affrontano già difficoltà di bilancio. Le soluzioni non sono semplici, considerando che l’attuale schema a 27 Paesi non è più sufficiente a garantire l’unità.
Oggi, i leader europei ribadiranno la loro solidarietà a Zelensky, ma in un contesto riservato dovranno affrontare pragmaticamente i prossimi passi, consci che l’unità tra i membri dell’Unione non è garantita. In particolare, le recenti dichiarazioni del primo ministro ungherese Orbán e dello slovacco Fico, assenti a Londra ma presenti al Consiglio europeo straordinario di giovedì a Bruxelles, hanno messo in luce le divergenze interne.
Due temi chiave sono al centro delle discussioni: a breve termine, si dovrà decidere su come garantire ora il supporto militare all’Ucraina; a più ampio raggio, i leader europei devono affrontare la questione di garantire la sicurezza a lungo termine per l’Europa e Kiev. Il ministro della Difesa francese Lecornu ha delineato diverse potenziali misure, tra cui accordi di coproduzione di armi e la costituzione di scorte di armi in Europa finanziate dagli stati membri.
Un’altra questione è il potenziamento della difesa europea mediante l’industria locale. L’aspirazione di Bruxelles è raggiungere un consenso tra i 27 stati membri. Tuttavia, il premier Orbán ha scritto al presidente del Consiglio europeo, esortando l’UE a dialogare direttamente con Mosca per porre fine al conflitto, dichiarando la sua opposizione a un accordo europeo unificato.
L’Alto rappresentante dell’UE Kallas ha proposto di raccogliere fondi attraverso contributi volontari, opzione preferita dai Paesi nordici ma meno dai grandi stati contributori. La presidente della Commissione europea von der Leyen sta per inviare una lettera ai leader dell’UE delineando possibilità di finanziamento della difesa, tra cui spazi nei bilanci nazionali, un fondo europeo per progetti condivisi e l’espansione della Banca Europea per gli Investimenti. Altre opzioni, più complesse, includono l’impiego di fondi non utilizzati del programma Next Generation EU, fondi di coesione e il fondo salva-stati MES.