Nel suo recente intervento sul Financial Times, l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, si rivolge ai componenti dell’Unione Europea con un appello urgente ad affrontare l’attuale stallo economico in cui il continente è intrappolato. Draghi evidenzia come le recenti settimane siano state un chiaro richiamo alle debolezze dell’Europa, in gran parte derivanti dalla sua eccessiva dipendenza dalla domanda estera.

L’analisi dell’ex presidente italiano, pubblicata con il titolo “L’Europa ha posto con successo i dazi su se stessa”, sottolinea come l’eurozona abbia registrato una crescita minima alla fine del precedente anno, mettendo in luce la vulnerabilità della ripresa economica interna. L’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti sui principali partner commerciali, tra cui l’UE, complica ulteriormente le prospettive economiche europee, data la sua dipendenza significativa dalla domanda esterna.

Draghi individua due motivi principali per cui l’UE si trova in questa situazione critica. In primo luogo, sottolinea l’incapacità dell’Unione di affrontare efficacemente i propri vincoli di fornitura, che includono elevate barriere interne e restrizioni normative. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, queste barriere equivalgono a tariffe molto elevate, sia per la produzione che per i servizi, all’interno del territorio europeo.

Il secondo fattore critico evidenziato è l’ostacolo alla crescita delle aziende tecnologiche europee imposto dalla normativa comunitaria, che ne limita le potenzialità di sviluppo in termini di efficienza. Ad esempio, il rispetto del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) ha comportato costi elevati che hanno ridotto i profitti delle piccole imprese tecnologiche europee.

Draghi ricorda come tali regolamentazioni, pur nella loro intenzione di protezione dai rischi tecnologici, si rivelino retaggi di un’epoca ormai superata, quando lo Stato nazionale era la cornice naturale per l’azione politica ed economica. Tuttavia, nel contesto attuale, questo approccio non ha promosso né il benessere economico, né una sana gestione delle finanze pubbliche, né, tanto meno, l’indipendenza nazionale. Anzi, l’Europa risulta ulteriormente vulnerabile alle pressioni esterne.

L’articolo si conclude con un invito pressante alla necessità di un cambiamento radicale, affinché l’Europa possa finalmente liberarsi dalle catene che essa stessa ha forgiato e rispondere con forza e autonomia alle sfide globali.

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