Da dieci giorni, la giornalista italiana Cecilia Sala, 29 anni, si trova in isolamento nel carcere di Evin, a Teheran, senza che siano state fornite certezze sulle accuse mosse contro di lei. Inizialmente, si era parlato di «comportamenti illegali» in modo generico. L’arresto della Sala è avvenuto il 19 dicembre, poco dopo quello del cittadino iraniano Mohammad Abedini-Najafabadi a Malpensa, avvenuto il 16 dicembre per contrabbando di componenti di droni.

Un portavoce del dipartimento di Stato americano, interrogato dal quotidiano Repubblica, ha riconosciuto l’arresto della giornalista italiana e ha chiesto il suo rilascio immediato e incondizionato, insieme a quello di tutti i prigionieri detenuti arbitrariamente in Iran. Il portavoce ha denunciato la prassi iraniana di trattenere cittadini stranieri senza motivo, spesso usati come pedine politiche, sottolineando l’importanza del lavoro giornalistico svolto in contesti difficili, che merita protezione. Ha assicurato che gli Stati Uniti sono in contatto con alleati e partner i cui cittadini sono detenuti ingiustamente dall’Iran.

Nel frattempo, sui social, un’ondata di solidarietà si è riversata sulla giovane giornalista. La voce di Cecilia, resa familiare dal podcast Stories pubblicato da Chora Media, negli ultimi giorni è stata il centro di messaggi di supporto dai suoi fan, colleghi, politici e persino scrittori internazionali. Don Winslow, ad esempio, ha usato l’hashtag «#freececilia» per chiedere il rilascio della Sala. Il compagno di Cecilia, Daniele Ranieri, ha espresso la speranza che lei possa presto essere informata di tutto l’affetto che sta ricevendo, mentre una fan, Barbara, ha condiviso su Instagram la propria attesa per il ritorno della giornalista.

In questo clima di incertezza e tensione, sono molte le voci che si alzano per sostenere Cecilia Sala, tanto che il suo arresto è diventato un simbolo della lotta alla repressione e alla violazione dei diritti umani, con una mobilitazione che non conosce confini nazionali.

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