La Gran Bretagna è universalmente riconosciuta come il leader europeo della NATO grazie al suo secondo posto nella classifica dei bilanci della difesa tra i paesi dell’alleanza, subito dopo gli Stati Uniti. Il Regno Unito vanta, inoltre, una lunga esperienza nelle operazioni militari degli ultimi decenni e rappresenta, insieme alla Francia, una delle poche potenze europee dotate di arsenali nucleari. Pertanto, quando Keir Starmer ha annunciato l’intenzione di dispiegare truppe per sostenere eventuali futuri accordi di pace tra Russia e Ucraina, la notizia non è stata accolta con sorpresa dai maggiori partner del Regno Unito, specialmente in un contesto in cui l’ex Presidente americano Donald Trump spingeva affinchè l’Europa rivestisse un ruolo più incisivo nella questione della sicurezza ucraina.

Eppure, dietro questa apparente sicurezza, si cela una realtà meno rassicurante evidenziata tanto a Whitehall quanto tra gli alti ufficiali militari britannici: l’Esercito britannico non è esente da problematiche strutturali. Difatti, il ruolo della Gran Bretagna come principale forza militare della NATO in Europa potrebbe riflettere più un deficit nelle capacità difensive del resto del continente piuttosto che il reale potenziale britannico.

Il Ministro della Difesa John Healey, assumendo l’incarico, ha rivelato che il paese non era preparato a sostenere un conflitto bellico, sottolineando che “se non si è pronti a combattere, non si può dissuadere”. Questa affermazione mette in luce una questione che risale alla fine della Guerra Fredda: la quota britannica di spesa per la difesa, una volta calata significativamente, si è stabilizzata agli inizi degli anni 2000, senza riuscire a raggiungere livelli considerati adeguati per affrontare le moderne esigenze di sicurezza globale. Critiche costanti sono state rivolte alle scelte politiche degli ultimi anni, le quali hanno favorito investimenti in tecnologie avanzate a scapito del numero delle truppe. Boris Johnson, allora Primo Ministro, aveva dichiarato nel 2021 che occorresse diversificare i settori d’investimento, suggerendo l’importanza del combattimento cibernetico e dei sistemi di aviazione avanzata rispetto ad operazioni di terra convenzionali.

Tuttavia, la rapida invasione dell’Ucraina da parte della Russia ne ha evidenziato i limiti, ribaltando le previsioni occidentali e ridimensionando l’approccio britannico. L’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, H.R. McMaster, ha sottolineato un problema comune alle forze militari di molti paesi occidentali, lamentando le risorse limitate e la prevalenza della tecnologia sulle risorse umane in situazioni di conflitto prolungato.

Con il possibile incremento della presenza britannica all’estero e la prospettiva di missioni di peacekeeping in terra ucraina, le priorità difensive britanniche richiedono un immediato rafforzamento del potenziale umano. L’annuncio atteso di un sostanziale incremento della spesa militare potrà, però, cozzare con la contemporanea necessità del Tesoro di mantenere i bilanci sotto controllo.

Parimenti, sono state avviate modifiche per ottimizzare il processo di reclutamento e mantenere alti i livelli di permanenza del personale militare, attraverso miglioramenti delle condizioni di vita e stipendiali. Questi interventi, tuttavia, non sono soluzioni a breve termine e potrebbero non essere sufficienti per raggruppare un notevole contingente di peacekeepers in Ucraina. In un contesto in cui l’Ucraina richiede almeno 200.000 unità per garantire la sicurezza in caso di cessate il fuoco, e con la riluttanza di vari paesi europei e l’assenza di truppe americane, il compito di formare una forza coesa potrebbe rivelarsi arduo per il Regno Unito, che dispone di un esercito formato da 75.000 soldati professionisti.

Commentando queste sfide, il Generale Richard Dannatt ha rilevato che, nonostante la volontà da parte delle forze armate britanniche di rispondere positivamente a tali chiamate, ci sarebbe la necessità di un ulteriore aumento del numero dei militari e delle loro attrezzature.

Infine, Malcolm Chalmers del think tank RUSI ha messo in luce l’importanza di un supporto americano per garantire efficacemente la sicurezza dell’Ucraina, suggerendo che forze ridotte, composte da contingenti britannici, potrebbero fungere da deterrente, ma senza l’appoggio decisivo di Washington, questi sforzi potrebbero risultare insufficienti.

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