Ogni volta che avviene uno scambio di prigionieri, Hamas orchestra una rappresentazione meticolosa per rimarcare il suo incontrastato dominio su vite umane, politica, decisioni, territorio e propaganda. A Gaza, tutto è influenzato dalla presenza e dalle decisioni del movimento. L’ultima messa in scena è stata accompagnata da un video che illustra il processo di preparazione dei tre ostaggi all’interno di un tunnel, e successivamente, il loro trasferimento. Queste gallerie, costruite in cemento e probabilmente molto profonde, sono il fiore all’occhiello della fazione. Attraverso questa rete sotterranea, i militanti sono riusciti a resistere all’attacco e attualmente ripristinano le loro fila. Le analisi dell’Occidente insistono sul fatto che migliaia di giovani, sostituendo le considerevoli perdite, sono stati arruolati.

Il trasferimento degli israeliani nelle mani della Croce Rossa è stato operato dalla Shadow Unit, facilmente riconoscibile per le sue divise più scure e per il distintivo distintivo. Fondata nei primi anni 2000, ha realizzato numerose missioni, tra cui operazioni speciali, protezione dei leader, controllo su prigionieri di rilievo come il soldato Gilad Shalit. I suoi leader hanno studiato attentamente le tattiche e le vulnerabilità dell’Idf e ora riemergono, anche per lo spettacolo mediatico, con equipaggiamenti aggiornati, visi coperti, fasce verdi e armi, alcune sottratte in battaglia.

Gli ostaggi indossavano una divisa recante il marchio delle Brigate Ezzedin al Kassam, il braccio armato di Hamas, forse per distinguersi da altri gruppi, come la Jihad e alcune famiglie locali, che hanno partecipato all’attacco del 7 ottobre e che potrebbero aver tenuto in custodia alcuni ostaggi. La mimetica di un portavoce, come notato dal giornalista Joe Truzman, era impreziosita da un triangolo rosso, simbolo progettato inizialmente per fini bellici, divenuto poi “politico”, utilizzato nei video per segnalare bersagli colpiti e diffuso in manifestazioni a sostegno della causa all’estero. Il triangolo potrebbe rimandare anche al colore della bandiera palestinese.

Infine, l’aspetto paradossale: il certificato di rilascio degli ostaggi. Un elemento inedito nelle vicende mediorientali dei sequestri, che sottolinea come Hamas agisca con l’autorità di una “sola” potenza, determinata a dettare legge nella Striscia. La leadership del movimento rimane nelle mani di Mohammed Sinwar, accolto da amici e avversari come un dirigente navigato e neanche meno radicale di suo fratello, eliminato nell’ottobre scorso. La gestione della comunicazione è affidata – con ogni probabilità – ad Abu Obeida e la gestione del passaggio degli ostaggi a responsabili dei battaglioni, tra cui Haitham Hawajri, il comandante di Beit Hanoun, dato per morto dallo Shin Bet ma riapparso in un momento cruciale.

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