In un’atmosfera carica di emozioni intense, le parole «non proseguiremo con il piano finché non riceveremo l’elenco degli ostaggi che saranno liberati da Hamas» risuonano come un fulmine per chi aspetta di riabbracciare i propri cari, prigionieri da oltre un anno nella Striscia di Gaza. La mancanza di chiarezza da parte di Hamas riguardo alle prime persone da liberare è percepita come una forma di terrorismo psicologico, espressione di malvagità. Tuttavia, al Corriere, il Forum delle famiglie degli ostaggi esprime la speranza che entrambe le parti rispettino la tregua.
Instancabilmente, fino alla serata di ieri, hanno fatto appelli ovunque possibile. Attraverso dichiarazioni ufficiali, interviste, chat di gruppo, e ogni contatto disponibile nelle loro rubriche, è stata ribadita la richiesta: «Venite tutti in piazza, unitevi per chiedere che ogni ostaggio sia restituito». Questa determinazione è il marchio del Forum, che rappresenta l’opposizione politica più significativa al governo di Benjamin Netanyahu in questo periodo complesso. Dalle 8.30 di domenica, con l’inizio del cessate il fuoco, chiedono al premier di garantire il ritorno a casa degli ostaggi, traditi a novembre, e di riportare indietro le 98 persone rapite dai terroristi palestinesi.
Oggi alle 16, tre famiglie avranno il sollievo di vedere liberati i loro cari. L’inizio di questa fase, vissuta come una «resurrezione», porta con sé una gioia collettiva che contrasta con l’ansia per le condizioni dei prigionieri e l’angoscia di chi ancora aspetta. Le prime a essere liberate saranno Doron Steinbrecher, Romi Gonen, ed Emily Damari: la prima, un’infermiera veterinaria di 30 anni; la seconda, una giovane di 24 anni rapita al Nova Festival; e infine una donna di 28 anni con doppia cittadinanza britannica. Steinbrecher, residente nel kibbutz Kfar Aza, aveva inviato un ultimo messaggio audio a degli amici prima di sparire. Gonen, parte del gruppo sequestrato durante il Festival Supernova, scrisse disperata alla madre mentre cercava di sfuggire a Hamas.
Da giorni ormai si discute della lista dei 33, i primi ostaggi che verranno liberati. Ogni nome evoca speranza e tragedia; tra questi, i fratellini Bibas: Ariel di quattro anni e Kfir che ieri ha compiuto due anni in prigionia a Gaza. Il loro rapimento, insieme alla madre Shiri, ha segnato profondamente l’opinione pubblica, specialmente dopo che Hamas dichiarò la loro morte durante i raid israeliani. Tale affermazione è stata etichettata come terrorismo psicologico dall’esercito. L’incertezza che avvolge il destino della famiglia Bibas tiene col fiato sospeso quanti seguono la vicenda in queste ore di ansia e speranza.