Negli ultimi mesi, alcune delle più importanti basi militari degli Stati Uniti sono state oggetto di sorvoli non autorizzati da parte di droni misteriosi. Questi episodi, che sembrano rappresentare una nuova frontiera nello spionaggio internazionale, sono stati collegati a potenziali operazioni di Cina e Russia. Nonostante i successi del Pentagono nell’intercettare e abbattere droni nemici in zone di conflitto come il Medio Oriente, l’apparato difensivo americano appare sorprendentemente impreparato a rispondere alle incursioni aeree all’interno del proprio territorio.

Nel corso dell’ultimo anno, almeno tre basi militari strategiche sono state più volte sorvolate da sciami di droni di origine sconosciuta. Tra queste vi è la base navale di Norfolk, in Virginia, la più grande base del genere al mondo che ospita, tra l’altro, l’unica sede NATO negli Stati Uniti. Altri episodi sono stati segnalati presso la base aerea di Langley, sempre in Virginia, che schiera caccia avanzati come gli F-35 e F-22 Raptor, e presso una base nucleare nel deserto del Nevada, vicino a Las Vegas.

Secondo un’inchiesta pubblicata dal Wall Street Journal, queste incursioni non sono state sporadiche, ma ripetute e coordinate. In alcuni casi, fino a una dozzina di droni, lunghi circa sette metri e capaci di volare a una velocità di 160 chilometri orari ad altitudini superiori ai mille metri, hanno sorvolato contemporaneamente le basi militari. Nonostante la gravità della situazione, le forze armate americane sembrano avere difficoltà nell’identificare e contrastare efficacemente queste minacce.

Le normative vigenti in territorio statunitense rappresentano una barriera significativa alla possibilità di abbattere i droni. Infatti, le restrizioni imposte per garantire la sicurezza dell’aviazione civile e della popolazione limitano fortemente le opzioni militari. L’utilizzo di tecniche di guerra elettronica per interferire con i sistemi di pilotaggio automatico dei droni è quasi del tutto escluso per il rischio di compromettere infrastrutture critiche, come le reti Wi-Fi che supportano i servizi di emergenza. Anche la possibilità di usare armi a energia diretta, una tecnologia sperimentale, viene fortemente limitata dai regolamenti dell’aviazione civile, poiché l’abbattimento dei droni potrebbe comportare rischi per i voli commerciali.

Queste difficoltà richiamano alla mente il caso del “pallone-spia” cinese, abbattuto solo dopo che aveva sorvolato l’oceano per evitare che i detriti cadessero su zone abitate. Il ritardo con cui si è potuto intervenire aveva suscitato diverse critiche riguardo alla capacità di risposta delle forze armate americane.

Sul fronte delle indagini di polizia, finora l’unico caso significativo è quello di Fengyun Shi, un giovane studente cinese dell’Università del Minnesota, arrestato mentre pilotava un drone nei pressi della base aerea di Langley. Nonostante l’arresto, le autorità non sono riuscite a dimostrare alcun legame diretto tra Shi e il governo di Pechino, e il giovane è stato condannato a soli sei mesi di carcere federale per infrazioni minori. Il drone che stava utilizzando, tra l’altro, era stato acquistato presso una catena di supermercati americana, senza apparenti implicazioni legate allo spionaggio.

Tuttavia, l’insoddisfazione per l’esito del processo è stata espressa dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza, il quale ha riconosciuto che molte domande rimangono senza risposta. La mancanza di prove concrete e la difficoltà nel comprendere le vere motivazioni di Shi riflettono la complessità e l’opacità di queste incursioni, che potrebbero far parte di operazioni di spionaggio più ampie e sofisticate.

Intanto, il Congresso americano ha avviato un dibattito sulla necessità di aggiornare le normative nazionali per affrontare meglio le nuove minacce rappresentate dai droni. Il Pentagono, intanto, si trova di fronte a una sfida senza precedenti: sebbene sia capace di intercettare droni lanciati dai ribelli Houthi in Yemen contro le navi nel Mar Rosso, fatica a proteggere le proprie basi militari sul suolo americano da incursioni simili.

Questa situazione evidenzia l’urgenza di adattare le misure di difesa aerea per rispondere alle nuove sfide tecnologiche e geopolitiche, in un contesto internazionale sempre più caratterizzato dall’uso di droni per operazioni di spionaggio e sabotaggio.

4 pensiero su “Incursioni di droni sulle basi militari americane: una minaccia crescente e sottovalutata”
  1. C’è un sbaraglio con i droni in giro per le basi americane, ah sta diventando una barzelletta internazionale. Mica che sono stressi mezzi di delivery di pizza!

  2. Te lo dico io che questi droni misteriosi sono solo un diversivo. I veri segreti si stanno svolgendo mentre ci distraggono con queste intrusioni. Fidati, è tutta strategia.

  3. Ma dai, un estudente arrestato solo perché stava facendo volare un drone nei pressi della base? È chiaro come il sole che non c’è niente legato a Pechino. Giustizia troppo severa, come al solito.

  4. Non posso credere che la più potente potenza militare al mondo abbia così tanti problemi a contrastare semplici droni! Sembrano quasi dilettanti.

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