Nei pressi del campo più caldo della Cisgiordania, a Jenin, si percepisce l’atmosfera di tensione e paura tra i rifugiati che si trovano intrappolati tra l’esercito israeliano e le milizie locali. Una madre e suo figlio si aggirano attorno al campo con apprensione. Halima, un’insegnante di inglese che ha trascorso tutta la sua vita a Jenin, si è allontanata circa due mesi fa, quando l’offensiva israeliana è iniziata. Racconta di come l’esercito volesse trasformare la sua strada in una zona di distruzione, ironizzando amaramente attraverso una metafora culinaria.

Da gennaio, le autorità israeliane hanno lanciato l’operazione “Muro di ferro,” causando la fuga di migliaia di persone dal campo, che è considerato un baluardo della Jihad Islamica Palestinese e di Hamas. Tra queste persone c’è Halima, che ora vive in una scuola per ciechi riconvertita in rifugio insieme ad altri sfollati.

In questo contesto, Jenin è segnata da storie di dolore e resistenza quotidiana. Una giovane donna, il cui figlio è stato ucciso dall’esercito israeliano, esprime la drammatica situazione di chi vive sotto due forme di occupazione, temendo per la vita dell’altro figlio, arrestato con l’accusa di appartenere a formazioni militanti.

A complicare ulteriormente la situazione, le infrastrutture della città sono in uno stato di devastazione. Wissam Abu Rab, responsabile del Jenin Governmental Hospital, segnala le criticità delle strutture mediche che si trovano senza risorse essenziali. I continui tagli di luce ed acqua stanno rendendo difficoltoso l’accesso alle cure.

Nel caos che regna, alcuni provano a tornare nelle loro abitazioni per recuperare qualche effetto personale, mentre altri si avventurano nel campo custodendo il terrore di essere colpiti dai cecchini. Intorno, le strade distrutte dai bulldozer iniziano appena ad asciugarsi dal fango, ma i pericoli permangono.

La voce di una anziana, intrappolata nella sua casa, risuona come una richiesta di aiuto disperata. Incapace di muoversi a causa di un infortunio, teme di essere dimenticata e di non poter sopravvivere. Questo quadro desolante di Jenin racconta una quotidianità segnata dalla sopravvivenza e dalla resistenza in un contesto di gravi violazioni dei diritti umani.

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