stata una repentina caduta del regime in Siria, avvenuta in poco più di dieci giorni, determinata dalla pressione delle forze ribelli ma anche dalla fragilità interna del governo stesso. Assad, convinto di poter mantenere il potere a tempo indeterminato, ha trovato un amaro confronto con la realtà. Tuttavia, le conseguenze di questo cambiamento sono ancora imprevedibili, con una situazione che evolve rapidamente e che rende incerti gli scenari futuri.

La transizione ora in corso rappresenta una sfida gigantesca per i ribelli, che si trovano a dover gestire un paese devastato sul piano economico e sociale. La paura è che l’entusiasmo per la vittoria possa rapidamente trasformarsi in disordine e vendette. Le dichiarazioni concilianti del leader dell’HTS, Abu Mohammed al Jolani, suggeriscono un tentativo di promuovere una transizione pacifica, ma il percorso resta incerto. Nel frattempo, si mormora che siano stati stabiliti contatti con l’attuale primo ministro.

La complessità della Siria è ulteriormente complicata dalla sua composizione etnica e religiosa variegata: alawiti, sunniti, sciiti, curdi, drusi, cristiani. I ribelli stessi sono un insieme eterogeneo, nonostante la vittoria conseguita grazie all’HTS. La loro forza coesiva potrebbe venire compromessa da influenze esterne, soprattutto dalla Turchia di Erdogan, il quale aspira da sempre a un ruolo dominante nella regione. Il rapporto tra la Turchia e l’HTS, un movimento con radici qaediste che ha cercato di rimodellarsi politicamente a livello nazionale, è motivo di interesse e speculazione.

Il jihadismo rimane una minaccia incombente. Mentre l’HTS ha cercato di prendere le distanze da pratiche transnazionali, le sue frange più radicali, popolata da combattenti stranieri, suscitano preoccupazioni. Allo stesso tempo, lo Stato Islamico, critico verso l’HTS, potrebbe trarre vantaggio dall’instabilità. Gli Stati Uniti non sono rimasti fermi: recenti azioni militari contro lo Stato Islamico evidenziano la loro continua preoccupazione per la minaccia jihadista in Siria.

I curdi svolgono un ruolo critico nel bilancio di potere del nord-est siriano. Nonostante i loro successi contro lo Stato Islamico e la collaborazione con gli Stati Uniti, rimangono un bersaglio per la Turchia. La loro relazione con il nuovo potere a Damasco e le tensioni interne rendono il futuro incerto, con Damasco che dovrà aggirare il pericolo di un’escalation.

L’Iran ha subito una battuta d’arresto significativa. Perdendo la Siria come base strategica, vede compromessa la sua influenza regionale e la capacità di sostenere Hezbollah in Libano. Questo insuccesso evidenzia le vulnerabilità dell’Asse della resistenza e lascia Teheran a dover riconsiderare le sue strategie.

Anche la Russia ha vissuto un contraccolpo umiliante, vedendo il suo progetto in Siria crollare sotto i suoi occhi. Nonostante ciò, Mosca potrebbe considerare nuove alleanze, forse in Libia, per mantenere la sua influenza nel Mediterraneo e nella regione.

In definitiva, l’area mediorientale si trova davanti a un’ennesima fase di incertezza e turbolenza, con i principali attori internazionali che osservano e pianificano le prossime mosse in questo complesso scacchiere geopolitico.

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