L’Europa è in fermento per l’eventualità di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, ma i produttori di armi del continente non sembrano particolarmente preoccupati da una possibile crisi. In effetti, i budget per la difesa stanno vivendo un incremento significativo, guidati sia dalla storica pressione di Washington, sia dalla risposta all’invasione russa in Ucraina. Questo trend indica abbondanti opportunità di contratti per le industrie armamentistiche europee, ma anche per quelle americane, sudcoreane, e di altri paesi, motivo per cui c’è una certa tranquillità nell’industria rispetto a Trump.

Qualora un ipotetico secondo mandato di Trump comportasse il ritiro degli Stati Uniti dalla NATO, l’Europa sarebbe costretta a potenziare le proprie risorse militari, aumentando ulteriormente i contratti per le aziende del settore. Anche se Trump non dovesse adottare misure così drastiche, l’impennata della spesa per la difesa è comunque impressionante: difatti, la Commissione Europea prevede che i membri dell’UE investiranno circa 500 miliardi di euro nei prossimi dieci anni.

In questo scenario, gli Stati Uniti appaiono vincitori nella gara allo sviluppo bellico europeo. Negli ultimi anni, le esportazioni americane verso l’Europa sono cresciute notevolmente; attualmente, infatti, circa il 55% delle importazioni belliche europee proviene dagli Stati Uniti, a fronte del 35% del periodo precedente. Questo dato, fornito dall’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI), è destinato a crescere. E ciò avverrebbe indipendentemente da Trump, poiché la corsa agli armamenti è principalmente una risposta all’aggressione russa in Ucraina.

Nonostante tale predominio americano, alcune voci, come quella del segretario generale dell’ASD Jan Pie, avvertono dei rischi di una dipendenza eccessiva: senza un’inversione di tendenza nei loro investimenti, le industrie europee potrebbero perdere terreno e tecnologia essenziali. Tuttavia, ci sono pochi segni di una riduzione dell’acquisto di armamenti americani.

Diversi stati membri dell’UE stanno già potenziando le loro forze armate attraverso l’acquisto di prodotti statunitensi e europei. Ad esempio, la Polonia sta considerendo l’acquisto di Eurofighter Typhoon e ha già acquisito elicotteri dalla Svezia, mentre la Romania si è dotata di missili francesi. Questi paesi, così come altri, stanno modernizzando i loro arsenali, con esperienze di acquisto diversificate che vanno dagli F-35A americani al JAS 39 Gripen svedese.

Un segnale della politica di Trump riguarda la richiesta di incrementi sostanziali nel budget per la difesa di paesi della NATO, puntando a raggiungere il 5% del PIL, un livello che attualmente solo la Polonia si avvicina a toccare. Anche se questo obiettivo è ambizioso, persiste la consapevolezza che l’industria armamentistica europea non è in grado di assorbire interamente la domanda crescente. Alcuni leader europei, come l’ex premier italiano Mario Draghi, suggeriscono di rafforzare la cooperazione intra-europea per evitare che una parte considerevole degli investimenti per la difesa finisca fuori continente.

In conclusione, mentre la spinta americana nel campo della difesa europea resta importante, le aziende europee non sono scoraggiate e sono pronte a intercettare le opportunità offerte dall’incremento della spesa militare. Il continente si trova di fronte a una sfida ma anche a un’opportunità di riarmarsi e innovarsi, tentando di mantenere una fetta maggiore del mercato degli armamenti.

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