Negli ultimi anni, un crescente numero di famiglie americane si è posto una domanda cruciale: vale davvero la pena pagare centinaia di migliaia di dollari all’anno per mandare i propri figli a studiare in università élitarie come Harvard o Columbia, dove vengono esposti a ideologie radicali? Molti stanno ripensando a questa scelta, preferendo orientarsi verso altre opzioni. È emerso un movimento spontaneo che denuncia quella che viene percepita come una “dittatura ideologica” nelle università dell’Ivy League, accusate di indottrinare i giovani.
Uno dei segnali più evidenti di questa tendenza è il crescente numero di studenti che abbandonano queste istituzioni prestigiose per iscriversi a università situate nel Sud degli Stati Uniti. Oltre ad avere costi nettamente inferiori, queste università sono viste come ambienti meno politicizzati e più concentrati sull’istruzione pratica, piuttosto che su battaglie ideologiche. La “fuga verso il Sud” rappresenta un chiaro indicatore che la cultura “woke”, un fenomeno sempre più contestato, è in fase di declino.
Un altro segnale significativo è l’attenuarsi delle proteste filopalestinesi nei campus universitari alla riapertura dell’anno accademico. Nonostante la guerra in Medio Oriente continui a causare tragedie umanitarie, le manifestazioni degli studenti, un tempo ferventi, sembrano essersi placate. Questo cambiamento potrebbe essere attribuito a diversi fattori, tra cui l’intervento delle autorità accademiche contro episodi di violenza antisemita e l’infiltrazione di agitatori esterni nei campus.
Anche all’interno del mondo aziendale si stanno osservando segnali di una reazione contro la woke culture. Molte imprese americane stanno smantellando in sordina i comitati D.E.I. (Diversity, Equity, Inclusion), creati per promuovere la diversità etnica e sessuale ai vertici aziendali e monitorare il linguaggio e i comportamenti. Similmente, nel settore finanziario, sempre più investitori stanno abbandonando la “religione” ESG (Environmental, Social, Governance), legata alla lotta contro il cambiamento climatico. Questi fenomeni, un tempo visti come imperativi etici, stanno ora generando ripensamenti, poiché si ritiene che abbiano portato a eccessi controproducenti.
Persino le minoranze etniche, che dovrebbero beneficiare delle politiche D.E.I., manifestano sentimenti ambivalenti. Molti lavoratori appartenenti a queste minoranze temono che le loro promozioni vengano percepite come frutto di agevolazioni piuttosto che di merito, con il rischio di minare la loro credibilità professionale. Nel frattempo, l’euforia legata all’adozione delle energie rinnovabili sta lasciando il posto a riflessioni più critiche: la dipendenza a breve termine dalle energie fossili sembra inevitabile, mentre i benefici dell’auto elettrica si rivelano meno evidenti del previsto, con il mercato dominato dalla Cina.
Il fenomeno delle iscrizioni universitarie si può definire come una “fuga dal Nord”. Le otto università private che costituiscono l’Ivy League, situate tutte nel Nordest degli Stati Uniti, erano un tempo considerate il passaporto verso un futuro professionale di alto livello e l’accesso alle sfere del potere. Tuttavia, la loro recente trasformazione in centri di indottrinamento ideologico ha spinto molti studenti e famiglie a rivolgersi altrove. Università come Georgia Tech, Clemson, University of South Carolina e altre nel Sud stanno accogliendo un numero crescente di studenti provenienti dalle regioni settentrionali del paese. Negli ultimi vent’anni, le iscrizioni di giovani del Nord in queste università sono aumentate dell’82%, con un incremento del 30% negli ultimi anni.
Questo flusso di studenti ha avuto un impatto positivo anche sulle economie locali, poiché la maggior parte dei laureati tende a trovare lavoro negli Stati in cui hanno completato gli studi. La fuga dall’Ivy League si traduce, quindi, in una migrazione di talenti da Nord a Sud, contribuendo alla crescita delle regioni meridionali.
Se davvero la società americana sta iniziando a riflettere criticamente sulla woke culture e a prendere le distanze da essa, ci si potrebbe trovare di fronte a un ciclo di ripensamento. Gli Stati Uniti hanno una lunga storia di movimenti estremisti che si sono susseguiti nel tempo. La woke culture non è che l’ultima incarnazione di questi fenomeni, ma la sua natura ciclica la rende simile a precedenti ondate di radicalizzazione, come il politically correct degli anni Novanta o i Great Awakenings dell’Ottocento. Il declino attuale potrebbe segnare l’inizio di un nuovo capitolo nella storia culturale americana.
Sono d’accordo che l’università dovrebbe focalizzarsi sull’insegnamento pratico. Chi ha tempo e soldi da perdere con la politica quando il mondo del lavoro è così competitivo?
Mah, mi sembra na buffonata tutta st’ossessione sulla woke culture. Prima era il politically correct, adesso questo. La gente deve sempre trovà qualcosa per cui lamentarsi.
Ma chi te lo fa fare di spendere tutti quei soldi per ideologie radicali? Meglio un’istruzione pratica e conveniente al Sud.
Mah, sinceramente io penso che le università debbano concentrarsi sull’istruzione e non su battaglia ideologiche. Non mi sorprende che sempre più famiglie scelgano istituzioni più pragmatiche.