La questione di una possibile corsa solitaria della Lega nel Veneto, regione simbolo dell’autonomismo, si presenta come una tempesta potenziale per Matteo Salvini, segretario del partito. La decisione ha il potenziale di scatenare una crisi governativa, tanto che i Fratelli d’Italia hanno già ipotizzato effetti anche sullo scenario romano. Nonostante la logica indichi che questi temi saranno discussi nel prossimo consiglio federale della Lega, ufficialmente convocato per questioni tecniche relative al tesseramento e al prossimo congresso, i riflettori restano puntati su Salvini. La posizione di Luca Zaia, sostenuta dal Veneto, sembra troppo rilevante per essere ignorata.
Sullo sfondo, un panorama complesso si profila: attualmente, la Lega domina con 40 consiglieri regionali nel Veneto, grazie anche al successo della lista Zaia. Tuttavia, un’alleanza con Fratelli d’Italia comporterebbe un drastico ridimensionamento. I calcoli interni suggeriscono che correre da soli garantirebbe alla Lega tra i 30 seggi, riservando 13 o 14 a FdI e FI e 7 al Pd. Tuttavia, c’è chi spera ancora nella saggezza di Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, affinché ceda il Veneto alla Lega per preservare l’unità della coalizione.
La situazione rischia di creare un domino politico, con la Lombardia pronta a riprendere il fuoco incrociato contro una leadership che sente di aver perso slancio. Anche se i Fratelli d’Italia facessero un improbabile passo indietro, una rinuncia ufficiale della Lega alla Lombardia potrebbe innescare tensioni interne. “Che senso ha una Lega senza il Veneto e senza la Lombardia?” si chiede un deputato lombardo, evidenziando la precarietà di un equilibrio già scosso.
In questo contesto da resa dei conti, si diffondono persino voci di scambi improbabili, come un fantomatico posto al Viminale in cambio di tregue sul fronte veneto. Anche se tali speculazioni appaiono irrealistiche, contribuiscono a descrivere un clima turbolento in vista del congresso. Nonostante ciò, un cambio di nome del partito con l’abbandono del marchio “Salvini premier” è categoricamente escluso dagli stretti collaboratori del segretario. Curiosamente, è stato recentemente approvato il marchio di Alberto da Giussano, simbolo storico del partito, senza il nome di Salvini.
In conclusione, la Lega si trova in un momento cruciale, tra calcoli elettorali e manovre strategiche, dove le decisioni prese potrebbero ridefinire gli equilibri politici interni e nazionali.