La politica russa continua a muoversi su un delicato equilibrio tra la minaccia nucleare e il confronto indiretto, con l’Ucraina come epicentro di uno scontro che non accenna a placarsi. Nonostante i toni accesi della propaganda e i proclami bellicosi, l’utilizzo della bomba atomica rimane più uno strumento retorico che un’opzione concreta. Mosca utilizza l’ombra della deterrenza nucleare come arma psicologica, rivolta principalmente all’Occidente, per instillare paura e incertezza.
La nuova strategia: colpire con mani altrui
Le recenti dichiarazioni di Konstantin Sivkov, consigliere del Cremlino e membro dell’Accademia delle scienze missilistiche, gettano luce su una possibile evoluzione della strategia russa: delegare l’esecuzione delle ritorsioni a gruppi e stati terzi. Sivkov ha sottolineato che Mosca potrebbe adottare il metodo statunitense, che spesso agisce tramite alleati o intermediari. In questo contesto, gruppi come Hezbollah o i ribelli Houthi nello Yemen potrebbero essere forniti di armamenti russi per colpire obiettivi occidentali.
Anche Aleksandr Lukashenko, presidente bielorusso e stretto alleato di Vladimir Putin, ha accennato a questa possibilità. Durante un’intervista, ha ipotizzato scenari in cui gruppi ribelli potrebbero ricevere sistemi missilistici russi per attacchi contro infrastrutture e navi straniere. Una tattica che mira a destabilizzare le potenze avversarie senza coinvolgere direttamente la Russia in un confronto frontale.
Obiettivi strategici e scenari di escalation
Le analisi dei media russi riflettono un ventaglio di opzioni di risposta. Tra queste, emergono piani per colpire infrastrutture chiave legate all’Occidente. Il Tunnel ferroviario di Beskydy, importante collegamento tra l’Ucraina e diversi Paesi europei, è spesso citato come obiettivo simbolico di questa nuova strategia di pressione.
Non mancano proposte più estreme. Alcuni analisti militari, come l’ex colonnello Mikhail Khodarionok, suggeriscono di colpire duramente le strutture vitali dell’Ucraina, dalle centrali idroelettriche ai ponti sul Dnepr. Questi attacchi, secondo i sostenitori di tali piani, indebolirebbero ulteriormente Kiev e complicheranno l’appoggio logistico fornito dai suoi alleati occidentali.
Parallelamente, cresce il risentimento verso la Polonia, considerata in Russia un alleato chiave nella strategia occidentale contro Mosca. La retorica anti-polacca si intensifica nei media russi, dipingendo Varsavia come un bersaglio legittimo in caso di ulteriori escalation.
La risposta occidentale e le possibili conseguenze
L’annuncio ufficioso che l’Ucraina potrebbe utilizzare armi a lungo raggio sul territorio russo ha ulteriormente irrigidito le posizioni del Cremlino. Mentre il portavoce Dmitry Peskov ribadisce che “ci saranno conseguenze”, le risposte immediate sembrano concentrarsi sul rafforzamento della difesa aerea russa e su azioni asimmetriche contro gli avversari.
Tuttavia, il prezzo di questa strategia, come sottolineano anche gli oppositori interni al regime, sarà pagato principalmente dall’Ucraina. Più di mille giorni di conflitto hanno già devastato il Paese, e l’intensificazione degli attacchi rischia di aggravare ulteriormente la situazione umanitaria.
L’obiettivo finale di Mosca
Dietro queste mosse, emerge un piano più ampio: cancellare l’identità statale ucraina. Alcune voci autorevoli vicine al Cremlino, come il senatore Andrei Klishas, hanno esplicitamente dichiarato che l’obiettivo è la completa eliminazione di uno Stato sovrano ucraino. L’Ucraina viene dipinta come una “piazza d’armi” del nemico occidentale, e la soluzione proposta è quella di privare l’Occidente di questo spazio strategico.
Conclusioni
Le tensioni tra Russia, Ucraina e Occidente sembrano destinate a crescere, alimentate da una retorica sempre più incendiaria e da una strategia che cerca di bilanciare provocazione e prudenza. Mentre Mosca esplora nuove modalità di confronto, la posta in gioco rimane alta, e le conseguenze di queste scelte potrebbero ridisegnare non solo la mappa geopolitica, ma anche il futuro di milioni di persone coinvolte in questo conflitto senza fine.