La figura di Al Jolani, leader della milizia ribelle Hayat Tahrir al-Sham (Hts), solleva interrogativi e dubbi circa il suo ruolo nel futuro della Siria. L’organizzazione, un tempo affiliata a gruppi jihadisti radicali come l’Isis e Al Qaeda, è considerate terrorista da diverse nazioni occidentali, compresi gli Stati Uniti. Tuttavia, Al Jolani ha avviato un’operazione di relazioni pubbliche per presentarsi come fautore di un islamismo moderato, rispetto al passato.
Al Jolani ha dato ampie garanzie rispetto al trattamento delle minoranze religiose, un aspetto cruciale in un paese etnicamente diversificato come la Siria. Le sue promesse sollevano interrogativi sulla loro veridicità o se si tratta solo di tattiche per acquisire potere. La strategia adottata dai talebani in Afghanistan potrebbe rappresentare un precedente rilevante: un patto implicito di non sostenere il terrorismo internazionale in cambio di libertà d’azione interna.
La caduta del regime di Assad e l’uscita di scena di poteri stranieri come Russia e Iran aprono nuovi scenari in Siria. Hayat Tahrir al-Sham, pur essendo forse la più visibile delle forze ribelli siriane, non è l’unico gruppo armato che mira ad acquisire potere. Forze legate ancora all’Isis, le milizie curde supportate dagli Stati Uniti, i drusi, e i resti delle forze militari del regime di Assad rappresentano altrettanti attori da considerare nella complessa equazione del potere post-Assad.
La capacità di governo di Al Jolani sarà cruciale per determinare la stabilità della Siria liberata. Misurabile attraverso elementi quali l’ordine pubblico e la fornitura di servizi di base come sanità e istruzione, il successo amministrativo della sua milizia potrebbe favorire una concentrazione delle ambizioni di Al Jolani sul fronte nazionale. L’incapacità di garantire sicurezza e servizi potrebbe invece spingere verso una retorica anti-occidentale, indirizzando il malcontento sociale verso bersagli esterni.
L’Occidente, considerato il vuoto di potere seguito al ritiro russo e iraniano, potrebbe trovare interesse nel sostenere, con cautela, la transizione guidata da Al Jolani. Ignorare la situazione rischierebbe di lasciare spazio all’influenza turca, la quale potrebbe richiedere concessioni, in primis contro i curdi. L’America e i suoi alleati, quindi, potrebbero dover bilanciare interessi geopolitici e prudenza di fronte a nuove alleanze emergenti.